Bruxelles – Come da aspettative, il primo ministro kosovaro uscente Albin Kurti ha di nuovo vinto le elezioni. Ma stavolta sarà più difficile governare, perché il suo partito non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti e dovrà formare una coalizione. Chiunque salga al potere a Pristina, uno dei nodi principali per i prossimi anni sarà quello delle relazioni con la vicina Serbia, che non sembrano tuttavia destinate a migliorare rapidamente.
Non ci sono stati grandi colpi di scena – almeno rispetto a quanto anticipato dai sondaggi della vigilia – alle elezioni legislative tenutesi ieri (9 febbraio) in Kosovo, alle quali ha preso parte appena il 40,6 per cento degli aventi diritto contro quasi il 48,8 per cento del 2021. Nel Paese più giovane d’Europa hanno votato poco meno di 800mila elettori, mentre sarebbero oltre 14mila le schede raccolte dalle comunità della diaspora, anche se il loro conteggio verrà finalizzato con ogni probabilità domani.
Con circa il 90 per cento dei voti scrutinati, stando ai dati della Commissione elettorale centrale è in testa il partito del premier uscente Albin Kurti, Vetëvendosje (abbreviato in Vv, letteralmente “Autodeterminazione”), con il 41,05 per cento dei consensi espressi. Al secondo posto, con distacco, c’è il Partito democratico del Kosovo (Partia Demokratike e Kosovës, Pdk) al 22,26 per cento e, dietro, la Lega democratica del Kosovo (Lidhja Demokratike e Kosovës, Ldk) al 17,6 per cento. Si tratta di una flessione di oltre 9 punti per il Vv di centro-sinistra, mentre il Pdk e l’Ldk (i due principali soggetti del centro-destra) sono cresciuti entrambi di circa 5 punti percentuali. Il quarto partito, l’Alleanza per il futuro del Kosovo (Aleanca për Ardhmërinë e Kosovës, Aak), ha preso poco meno del 7,6 per cento, migliorando leggermente il risultato del 2021.
![Albin Kurti](https://www.eunews.it/wp-content/uploads/2025/02/000_36X88JA-1024x683.jpg)
Pallottoliere alla mano ciò significa che, al contrario di quanto avvenuto negli ultimi quattro anni, Kurti non potrà governare da solo nella nuova legislatura poiché il suo Vv arriverà ben distante dai 61 seggi necessari per ottenere la maggioranza assoluta sui 120 totali del Kuvendi, il Parlamento monocamerale kosovaro, e avrà dunque bisogno di appoggiarsi ad un altro partito per dar vita ad un esecutivo. Lui stesso l’ha riconosciuto implicitamente ieri sera, sottolineando che “la nostra coalizione vincente formerà il nuovo governo“.
Kurti ha anche minimizzato la possibilità, ipotizzata da alcuni analisti, che le tre forze dell’opposizione possano unirsi per escludere il Vv dal governo: “È chiaro a chiunque che (il Pdk e l’Ldk, ndr) sono al secondo e al terzo posto e anche se si uniscono non possono competere con Vetëvendosje“, ha dichiarato. D’altro canto, il leader dell’Ldk Lumir Abdixhiku ha pubblicamente ammesso la sconfitta: “Anche se abbiamo avuto un aumento considerevole” dei consensi rispetto al 2021, “questo risultato non è soddisfacente“, ha osservato, assumendosi le responsabilità per “un risultato che rispettiamo”.
Come da previsioni, infine, la Lista serba (Srpska lista, Sl) otterrà tutti e 10 i seggi che la Costituzione kosovara riserva alla minoranza serba nell’emiciclo. Sl è politicamente vicina alle autorità di Belgrado e al presidente Aleksandar Vučić, che sta attualmente fronteggiando un’ondata di proteste di portata storica ma si è comunque congratulato per il risultato elettorale del partito.
Dalla consultazione emerge così un Paese nel limbo, in cui l’acuta polarizzazione politica genera una situazione di incertezza che potrebbe tramutarsi in uno stallo prolungato. La scorsa legislatura, dominata dal Vv di Kurti, è stata la prima nella (breve) storia della nazione balcanica ad essere durata per l’intero mandato di quattro anni, ma non è affatto scontato che quella nata dal voto di ieri riesca a rimanere in carica fino al 2029.
![Kosovo Lista Srpska](https://www.eunews.it/wp-content/uploads/2023/09/000_32MX69A-1024x654.jpg)
Tanto il Pdk quanto l’Ldk (che dovrebbero ottenere 45 seggi in tutto) hanno escluso di allearsi con il Vv per formare un esecutivo, ma nemmeno per loro sarebbe facile mettere insieme una coalizione sufficientemente ampia per governare escludendo il partito del premier uscente (che, insieme agli alleati, di seggi dovrebbe ottenerne 47).
Soprattutto, il principale problema per il nuovo esecutivo – qualunque sia il suo colore politico – sarà quello delle relazioni con Belgrado, che in questi anni sono state piuttosto complicate a causa della posizione marcatamente nazionalista di Kurti. L’annosa questione della normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Kosovo e Serbia rimane al primo posto nell’agenda internazionale di Pristina, e le pressioni per raggiungere qualche tipo di risultato aumenteranno nei prossimi mesi a causa anche del congelamento dei finanziamenti allo sviluppo statunitensi voluto dal nuovo presidente Donald Trump, i quali fornivano ossigeno all’economia stagnante del Paese balcanico. In un simile contesto, peraltro, il dialogo Pristina-Belgrado mediato dall’Ue è in panne da due anni.
Come sottolineato da alcuni osservatori, del resto, le idee sul tavolo per la ripresa dei rapporti tra i due Stati – ad esempio la creazione di un’associazione di comuni a maggioranza serba nel Kosovo settentrionale, o lo scambio di terre ipotizzato dallo stesso presidente Usa – appaiono elettoralmente poco remunerative, e difficilmente i leader di qualunque partito si assumeranno la responsabilità di tradurle in realtà. Considerata l’instabilità politica emersa dalle urne e la possibilità della convocazione di elezioni anticipate nel breve periodo (dalle quali l’opposizione uscirebbe verosimilmente rafforzata), gli incentivi per progredire sulla strada della normalizzazione sembrano piuttosto scarsi.