Bruxelles – Questa mattina, durante una conferenza stampa convocata a Belgrado, il primo ministro serbo Miloš Vučević ha annunciato le proprie dimissioni, nel tentativo di placare l’ondata di proteste che sta scuotendo il Paese da quasi tre mesi. Ma le richieste della popolazione, guidata dalla forte mobilitazione studentesca, vanno ben oltre, e difficilmente il passo indietro di Vučević basterà a riportare l’ordine.
La Serbia è paralizzata da quando, lo scorso 1° novembre 2024, il crollo di una pensilina alla stazione ferroviaria di Novi Sad ha provocato 15 morti e 2 feriti gravi. L’incidente ha scoperchiato il vaso di pandora sulla corruzione dilagante nel Paese balcanico, rovesciando per strada migliaia di persone al grido di ‘Corruption kills’. Il crescendo di tensioni tra i manifestanti e le autorità serbe ha portato – lunedì 24 gennaio – ad uno sciopero generale di disobbedienza civile e al blocco stradale, da parte di studenti e agricoltori, di due importanti arterie verso il centro di Belgrado.
Vučević, al centro della bufera perché sindaco di Novi Sad al tempo della ristrutturazione della stazione ferroviaria, pur difendendo l’operato del suo governo ha ammesso che la Serbia “sembra essersi bloccata” dopo il tragico incidente, che ha aperto “profonde divisioni” nel Paese. Vučević avrebbe deciso di dimettersi dopo che, ieri sera, proprio a Novi Sad alcuni studenti sono stati attaccati da un gruppo di violenti, causando il grave ferimento di una donna. Secondo i media statali, l’agguato sarebbe stato una sorta di rappresaglia nei confronti degli studenti, colpevoli di aver imbrattato con graffiti e adesivi anti-governativi un ufficio del Partito progressista serbo (Sns). Il partito nazionalista al potere da dodici anni, espressione del premier Vučević e del presidente Aleksandar Vučić.
“Mi aspetto che gli autori dell’attacco vengano arrestati”, ha dichiarato il premier dimissionario condannando l’attacco dell’ala facinorosa dei simpatizzanti di Sns. Salvo poi rilanciare, senza fornire alcuna prova, le accuse di ingerenze straniere nel propagarsi delle proteste. Vučević ha inoltre puntato il dito contro l’opposizione, colpevole a sua detta di voler lucrare politicamente sull’incidente di Novi Sad.
Da Bruxelles, la Commissione europea osserva con attenzione gli sviluppi nel Paese balcanico, candidato all’adesione all’Ue da undici anni. “Siamo preoccupati per gli incidenti contro i manifestanti, per i quali ci aspettiamo indagini rapide da parte delle autorità serbe“, ha dichiarato oggi il portavoce dell’esecutivo Ue responsabile per l’Allargamento, Guillaume Mercier, citando l’attacco contro gli studenti a Novi Sad. “Ricordiamo che secondo il diritto comunitario le autorità devono proteggere i partecipanti alle manifestazioni da gruppi armati o violenti”, ha aggiunto.
Di fronte alle fumose accuse di Belgrado ai Paesi occidentali – lo stesso presidente Vučić dal forum di Davos aveva denunciato l’ingerenza di “agenti stranieri, provenienti da diversi Paesi occidentali” per fomentare le proteste – la Commissione europea ha risposto piccata: “La diffusione di disinformazione e di una retorica politica ostile, anche nei confronti dell’Ue e dei suoi cittadini, non trova spazio nel percorso di integrazione dell’Ue”.
Seppur con cautela, Bruxelles si schiera dalla parte delle piazze, ricordando che “la partecipazione dei cittadini svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di una società sana, anche per promuovere la trasparenza e la responsabilità, valori che ci aspettiamo vengano abbracciati da tutti i Paesi candidati“. Oltre alla piena trasparenza nei progetti pubblici – a partire dalla pubblicazione dell’intera documentazione sulla ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad -, studenti e manifestanti chiedono il ritiro delle false accuse contro chi è stato arrestato durante le proteste e la formulazione di accuse penali per i responsabili delle violenze commesse sui manifestanti, in diversi casi persone che si sono dimostrate affiliate all’Sns di Vučić . I collettivi studenteschi a capo delle proteste chiedevano inoltre le dimissioni del primo ministro Vučević e del sindaco di Novi Sad.
Ora che hanno ottenuto il passo indietro del premier e che lo stesso Vučić e ha disposto la pubblicazione di alcuni importanti documenti sulla stazione di Novi Sad, difficilmente studenti e manifestanti si fermeranno. Il presidente ha trenta giorni per decidere se incaricare un nuovo esecutivo o indire elezioni lampo, che potrebbero spezzare l’egemonia dell’Sns sulla vita politica del Paese. Le piazze lo aspettano al varco.