Bruxelles – Come già annunciato da Ursula von der Leyen, l’Ue vuole accelerare sul lungo percorso d’adesione dell’Ucraina. Il cambio di marcia impresso dalla presidenza di turno polacca del Consiglio dell’Ue rispetto a quella reticente ungherese è notevole: nei primi sei mesi dell’anno, il periodo in cui sarà Varsavia ha dettare l’agenda delle riunioni dei Paesi membri, l’Ue potrebbe aprire i negoziati con Kiev su due dei sei cluster previsti. Il primo – relativo ai requisiti “fondamentali – già a marzo, il secondo sull’adeguamento alla politica estera e di sicurezza comune entro il mese di giugno.
In occasione del Consiglio Ue Affari generali, la ministra svedese per gli Affari europei, Jessica Rosencrantz, ha riunito gli omologhi per un incontro informale sull’allargamento dell’Unione a Kiev. Insieme ai 27 Paesi membri, erano presenti anche l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, la commissaria all’Allargamento, Marta Kos, e la vicepremier ucraina, Olha Stefanishyna. Fonti diplomatiche spiegano che dalla riunione sarebbe emerso un ampio sostegno alla possibilità di aprire i due cluster il prima possibile, e l’esigenza che il Consiglio dell’Ue “sia pronta a riconoscere i progressi fatti da tutti i Paesi candidati”. Perché – vedi Balcani occidentali – il “mancato riconoscimento ha già alimentato frustrazioni” di lunga data.
Le capitali più favorevoli al processo di integrazione sentono che il momento è quello buono, perché – come affermato da Rosencrantz – “c’è un sostegno molto forte da parte della presidenza polacca”. Tra loro c’è Stoccolma, che oggi sostiene Kiev “in 25 dei 35 capitoli negoziali”, ha rivendicato la ministra. L’obiettivo è aprire i cinque capitoli del cluster dei “fondamentali” entro marzo. Iniziare cioè a lavorare con Kiev sui capitoli dedicati a magistratura e diritti fondamentali; giustizia, libertà e sicurezza; appalti pubblici; statistiche; controllo finanziario, oltre ai criteri economici, al funzionamento delle istituzioni democratiche e alla riforma della pubblica amministrazione.
La commissaria Kos ha raccolto la sfida, aggiungendo che “da un punto di vista tecnico sarebbe possibile aprire anche il cluster sulle relazioni esterne nella prima metà dell’anno“. E che, nel confronto di questa mattina, “molti Stati membri hanno sostenuto” l’obiettivo. Un sostegno fondamentale, perché la Commissione europea da sola – che starebbe già preparando la relazione di screening sulle relazioni esterne da sottoporre al Consiglio dell’Ue – non può fare miracoli: “Dobbiamo passare attraverso la procedura del Consiglio”, ha ricordato Kos.
Parallelamente al lavoro ai fianchi dei Paesi membri più scettici, “è fondamentale che l’Ucraina continui a impegnarsi”, ha sottolineato la commissaria Ue. La vice di Zelensky le ha risposto con sicurezza: “Abbiamo fatto il nostro lavoro e attendiamo il contributo della Commissione e degli Stati membri“. Per quanto riguarda il cluster dei fondamentali, Kiev ha già individuato le priorità da perseguire per la lotta alla corruzione e le riforme dello Stato di diritto, e “preparato la nostra visione per la riforma della pubblica amministrazione”, ha assicurato Stefanishyna.
Già nel rapporto annuale sull’allargamento, pubblicato dalla Commissione europea lo scorso 30 ottobre, Bruxelles aveva certificato i progressi di Kiev per raggiungere il cosiddetto acquis comunitario, l’insieme cioè diritti e obblighi che sono alla base del diritto dell’Ue e devono essere accettati ed integrati nelle legislazioni nazionali dai paesi entranti.
L’Ucraina dovrà tuttavia vincere le resistenze dei Paesi membri meno allineati a Bruxelles – Slovacchia e Ungheria su tutti. Sul lungo percorso verso l’adesione all’Ue, ci sono all’incirca 150 voti da superare, e tutti quanti richiedono l’unanimità.
Budapest e Bratislava sono sul piede di guerra dopo l’interruzione del transito di gas russo attraverso l’Ucraina, e accusano Kiev di aver chiuso un rubinetto fondamentale per l’approvvigionamento energetico dei loro territori. “Avevamo un accordo con la Russia che è scaduto il primo gennaio, non è stata una sorpresa”, ha spiegato Stefanishyna, aggiungendo che Kiev è “in contatto con gli Stati membri e la Commissione europea da molto tempo” e “pienamente impegnata a garantire la sicurezza energetica in Europa”.
Sulle continue riserve – soprattutto di Budapest – all’avvicinamento tra Bruxelles e Kiev, è intervenuta anche Kallas. Il capo della diplomazia Ue non si fa illusioni: anche sull’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea sarà difficile. “Ma alla fine siamo sempre riusciti” a convincere Orbán. L’ultima volta proprio ieri (27 gennaio), quando per scongiurare la minaccia di veto ungherese al rinnovo delle sanzioni alla Russia, la Commissione europea ha rilasciato un’enigmatica dichiarazione sulla solidarietà energetica, promettendo tra le altre cose che “si rivolgerà all’Ucraina per chiedere garanzie sul mantenimento dei trasferimenti degli oleodotti verso l’Ue”.