Bruxelles – Gli Stati Uniti come partner e come amici. Qualcuno in Europa ci spera, qualcuno ancora ci crede. Certo è che l’arrivo (o il ritorno) di Donald Trump alla Casa Bianca è stato annunciato, tra proclami, messaggi sui social e quanto poteva produrre l’esponente del partito repubblicano. Nell’Ue però sembra che qualcuno non abbia capito. Valdis Dombrovskis, commissario per l’Economia, sorprende per una lettura tutta sua.
“Unione europea e Stati Uniti sono partner strategici”, afferma in occasione dei lavori del consiglio Ecofin. “E’ importante lavorare insieme in quanto democrazie occidentali, soprattutto in un contesto di regimi tecnocratici che cercano di rimettere in discussione il sistema internazionale basato sulle regole”.
L’intervento di Dombrovskis risulta un concentrato di condizioni che non rispondono alla realtà dei fatti, a cominciare dalla fine. I primi a non volere il sistema internazionale basato sulle regole sono proprio gli Stati Uniti. Trump annuncia l’intenzione di voler abbandonare l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) e, rimettendo in discussione un’agenzia della Nazioni Unite, si rimette in discussione l’ONU tutta e un intero ordine internazionale con le sue regole.
Ancora, la presenza del patron di X, Elon Musk, all’interno del team di Trump e il suo attivismo in senso anti-Ue, sono lì a dire chiaramente che l’attuale amministrazione statunitense non vuole le regole dell’Unione europea, a iniziare dal Digital services act (Dsa), il pacchetto legislativo che, insieme al Digital markets act (Dma), regola la galassia delle piattaforme online dai marketplace ai social network. Ancora, l’annuncio di fare carta straccia degli accordi di Parigi sul clima e la politica delle trivelle per sostenere fonti fossili in barba alla green economy è un altro messaggio per l’Ue: il Green Deal e la sostenibilità sono un capitolo chiuso.
Basterebbe questo per dire che Dombrovskis sembra non aver capito cosa sta succedendo, o che probabilmente non ha la forza di riconoscere pubblicamente quello che sta accadendo. Gli Stati Uniti sono ancora un partner? Questo andrà verificato, ma le premesse sembrano propendere per il ‘no’. E gli Stati Uniti vedono ancora l’Unione europea come partner, e ancor più strategico? Anche qui, più ‘no’ che ‘sì’.
Dombrovskis punta il dito contro i regimi tecnocratici. Bisogna allora interrogarsi un attimo su cosa sia una tecnocrazia. E’ la fine della politica. E’ un insieme di manager che passano da dirigere le rispettive aziende a governare un Paese come fosse un’impresa. Da questo punto di vista gli Stati Uniti non sono mai stati una democrazia che separasse nettamente i due piani. Nella migliore delle ipotesi è un Paese dove la politica governava per conto degli uomini d’affari, adesso gli uomini d’affari sono la politica. Trump stesso è un uomo d’affari, come lo è Musk – incaricato di lavorare al taglio della spesa pubblica – e come lo è Scott Bessent – indicato per il ruolo di Segretario al Tesoro americano – che prima dell’avventura politica guidava un fondo di investimento privato. Poi c’è Howard Lutnik, presidente e amministratore delegato di Cantor Fitzgerald e Bgc Group, società di servizi finanziari. Lui è in lizza per il posto di segretario per il Commercio.
La lista dei ricchi uomini d’affari in politica nell’America secondo Trump non finisce qui. Linda McMahon, nominata per il ruolo di prossima segretaria per l’Istruzione, ha fondato e diretto, con il marito la World Wrestling Entertainment (Wwe), mentre Chris Wright, indicato per il ruolo di segretario per l’Energia, è stato presidente di Liberty Energy, una delle più importanti compagnie petrolifere del Colorado. Insomma, la prima tecnocrazia del mondo è quella che Dombrovskis considera democrazia amica.
In questo contesto bene fa la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a cercare alternative agli Stati Uniti. Nel dubbio di un Trump dai mille punti interrogativi, ben vengano India e Cina.