Bruxelles – L’anno più caldo di sempre, in cui in media è stato superato per la prima volta il limite di riscaldamento di 1,5°C rispetto all’era preindustriale. Nessuna sorpresa: il Copernicus Climate Change Service (C3S) dell’Unione europea ha confermato con dati definitivi quanto anticipato alla fine dell’anno scorso: da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1850, il 2024 è stato l’anno del caldo record, con un aumento di 1,6 °C rispetto ai limiti fissati nel 2015 con gli Accordi sul clima di Parigi.
Secondo il rapporto del servizio satellitare dell’Ue, anche la media delle temperature degli ultimi due anni è al di sopra dell’asticella stabilita rispetto all’era preindustriale, prima cioè che l’uso massiccio di carbone, petrolio e gas fossili incidesse profondamente sul clima della Terra. L’obiettivo di lungo periodo indicato quasi un decennio fa a Parigi è però quello di contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto della soglia di 2 °C oltre i livelli preindustriali, scenario che rischierebbe di provocare conseguenze irreversibili per gli equilibri del pianeta. Non ci siamo ancora arrivati, ma “le temperature globali stanno aumentando più di quanto gli esseri umani moderni abbiano mai sperimentato”. In effetti, secondo gli scienziati, l’attuale riscaldamento del clima non ha precedenti negli ultimi 120 mila anni.
Ma limitare il riscaldamento globale a 1,5°C anziché a 2°C ridurrebbe significativamente le sue conseguenze più catastrofiche, come sottolineato dall’Ipcc, l’organismo di esperti climatici incaricato dalle Nazioni Unite. Samantha Burgess, vicedirettrice del C3S di Copernicus, ha ricordato che “queste elevate temperature globali, unite a livelli record di vapore acqueo atmosferico globale nel 2024, hanno comportato ondate di calore senza precedenti e forti piogge, causando miseria a milioni di persone“.
Nel 2024, la media annuale delle temperature superficiali, escludendo le regioni polari, ha raggiunto il livello senza precedenti di 20,87 °C, battendo il record del 2023. Le conseguenze materiali sono sotto gli occhi di tutti: le alluvioni di Valencia, in Emilia Romagna e nei Balcani, le inondazioni storiche nell’Africa occidentale e centrale, i violenti uragani negli Stati Uniti e nei Caraibi, e in questi giorni i “più devastanti incendi” nella storia della California, a Los Angeles. Disastri naturali che, dal punto di vista economico, secondo la compagnia di riassicurazione tedesca Munich Re avrebbero causato perdite per 320 miliardi di dollari in tutto il mondo. L’ex commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, già lo scorso anno aveva denunciato l’aumento del 400 per cento in soli due anni delle richieste di attivazione del Meccanismo di protezione civile Ue per far fronte alle emergenze climatiche.
Anche gli oceani, che assorbono il 90 per cento del calore in eccesso prodotto dall’umanità, continuano a surriscaldarsi. Oltre agli impatti immediati su coralli e pesci, il surriscaldamento costante del principale regolatore del clima terrestre influisce sulle correnti marine e atmosferiche. I mari più caldi rilasciano più vapore acqueo nell’atmosfera, fornendo ulteriore energia per tifoni, uragani o tempeste. Secondo le rilevazioni di Copernicus, il livello di vapore acqueo nell’atmosfera ha raggiunto un livello record nel 2024, circa il 5 per cento in più rispetto alla media del periodo 1991-2020.
“Ancora una volta la comunità scientifica ha ribadito ciò che la maggior parte di noi sapeva già: è stato un anno letteralmente infernale”, ha commentato Ian Duff, responsabile della campagna internazionale di Greenpeace ‘Stop Drilling Start Paying’, accusando le grandi compagnie petrolifere e del gas che “accumulano profitti assurdi, continuando ad alimentare la crisi climatica e ambientale”.
Di fronte, un 2025 che inizia con l’allarme del British Meteorological Office: sarà probabilmente uno dei tre anni più caldi mai registrati sul pianeta. E che tra pochi giorni vedrà il reinsediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, uno dei più strenui oppositori degli Accordi di Parigi, che già durante il suo precedente mandato aveva minacciato di abbandonare gli impegni presi dalla seconda amministrazione Obama. Al di qua dell’Oceano, un’Unione europea che promette di tenere fede agli impegni sul clima ma il cui Green Deal è preso sempre più spesso d’assalto. Il 2025 sarà anche l’anno in cui i paesi dovranno annunciare le loro nuove tabelle di marcia sul clima, aggiornate ogni cinque anni come parte degli accordi di Parigi.