Bruxelles – Dopo un vuoto politico di oltre due anni, nel Paese dei cedri è finalmente stato eletto un nuovo presidente. È il comandante in capo delle forze armate Joseph Aoun, che ha ottenuto oggi (9 gennaio) l’investitura da parte dei deputati di Beirut dopo dodici tentativi fallimentari.
La carica era rimasta vacante dall’ottobre 2022, quando era scaduto il mandato del precedente capo dello Stato, Michel Aoun (tra i due non ci sono legami di parentela). Il Parlamento libanese aveva provato per dodici volte a nominare un successore, ma solo oggi è riuscito ad eleggere il capo dell’esercito. La fumata bianca è arrivata al secondo scrutinio.
Nel discorso di accettazione, il neo-eletto presidente ha promesso migliori relazioni diplomatiche “verso est e verso ovest” e di “ricostruire ciò che l’aggressione israeliana ha distrutto in tutto il Libano” nonché di aumentare gli investimenti per le forze militari nazionali, che pur essendo addestrate dai militari statunitensi non sono in grado di mantenere il monopolio legittimo della forza nel Paese.
Sessantenne, Aoun è entrato nell’esercito nel 1983 e la sua elezione sblocca almeno parzialmente la profonda paralisi politica in cui il Libano è piombato da diversi anni: senza un governo stabile, con un’economia al collasso e dilaniato dalla guerra con Israele, che ha ripetutamente attaccato varie aree del vicino e ne aveva invaso una porzione, a sud, per poi ritirarvisi in base ad un precario cessate il fuoco stipulato a fine novembre.
Ora il nuovo capo dello Stato dovrà nominare un primo ministro al posto dell’attuale, che è in carica ad interim, e dare vita ad un esecutivo stabile. Ma non sarà un processo facile, perché la formazione del governo dev’essere concordata col Parlamento.
Le difficoltà dell’Aula nell’individuare un nuovo presidente della Repubblica vanno ricercate nella profonda frammentazione dell’emiciclo, spaccato non solo tra i gruppi che rappresentano le varie minoranze e confessioni religiose ma soprattutto tra le fazioni pro e contro Hezbollah, la milizia sciita filoiraniana che oltre ad essersi di fatto sostituita all’esercito libanese ha anche una determinante presa politica sul Parlamento e il governo di Beirut.
Ma proprio l’indebolimento del Partito di Dio a causa della guerra con Tel Aviv, combinato con una forte pressione internazionale da parte soprattutto di Stati Uniti e Arabia Saudita, ha aperto la strada all’approvazione trasversale di Joseph Aoun. Così, il candidato di Hezbollah Suleiman Frangieh si è ritirato a inizio settimana e ha fatto un endorsement ad Aoun, un cristiano maronita.
Per eleggere il presidente della Repubblica, in Parlamento dev’esserci una maggioranza di due terzi al primo scrutinio (86 voti su 128 seggi totali), mentre dal secondo è sufficiente la maggioranza semplice (65 “sì”). Aoun ha ottenuto 71 consensi al primo round e 99 al secondo.
Nel corso della giornata sono arrivate le congratulazioni di due pesi massimi dell’Ue. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ancora indisposta da una polmonite acuta che l’ha costretta a rimandare tutti gli impegni istituzionali, ha salutato la nomina di Aoun come “un momento di speranza per i libanesi, che hanno potuto riunirsi per tracciare una rotta e costruire un futuro migliore“, auspicando l’avvio di un periodo di ritrovata stabilità politica per il martoriato Paese levantino.
Félicitations à Joseph Aoun pour son élection à la présidence du Liban.
Un moment d’espoir pour les Libanais qui ont su se rassembler pour trouver un cap et construire un futur meilleur.
La voie est désormais ouverte à la stabilité et aux réformes. L’Europe soutient cette voie.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) January 9, 2025
L’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha sottolineato che Bruxelles si attende ora “la rapida formazione di un governo in grado di attuare un programma orientato alle riforme”.