Bruxelles – La difesa, questa sconosciuta. Da un punto di vista industriale e di politiche, l’Europa degli Stati è indietro, e tanto. Il servizio ricerche del Parlamento europeo utilizza un paragone tanto semplice quanto significativo per mettere in luce la sfida per l’Ue. “Lockheed Martin con sede negli Stati Uniti, il più grande appaltatore della difesa al mondo, genera quasi gli stessi ricavi (circa 60 miliardi di euro) dell’intero settore dell’industria della difesa dell’Ue (stimato in circa 70 miliardi di euro)”. Una situazione a cui si dovrà lavorare da subito, e non a caso il dossier difesa rientra nelle 10 priorità a cui guardare nel 2025.
Una sola azienda, per quanto grande, produce da sola quanto produce l’insieme delle imprese europee del settore. Un gap alimentato anche dagli stessi governi nazionali dell’Ue. Perché, rilevano gli analisti del Parlamento europeo, dopo l’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina, tra febbraio 2022 e giugno 2023, “il 78 per cento delle acquisizioni di equipaggiamenti per la difesa da parte degli Stati membri dell’Unione europea proveniva da paesi extra-UE, con gli Stati Uniti che rappresentavano il 63 per cento di questo totale”.
L’Ue è indietro e non sta facendo molto per andare avanti, l’estrema sintesi tracciata nel documento di lavoro per gli europarlamentari. Attenzione, però. Perché le cose si sono già messe in moto. Si attendono i dati consolidati, ma le stime indicano che alla fine del 2024 i Ventisette nel loro insieme raggiungeranno un bilancio della difesa combinato (dunque spese e investimenti) di 326 miliardi di euro, pari ad un aumento di circa 108 miliardi di euro o del 50 per cento dalla spesa del 2021. Ciò vuol dire “investimenti nella difesa significativamente maggiori rispetto ai decenni precedenti”.
Certo serviranno nuove spinte. A Bruxelles ne sono consapevoli, e il commissario per la Difesa, Andrius Kubilius, ha già avviato il suo lavoro di ‘moral suasion’ al fine di reperire 200 miliardi di risorse aggiuntive. Un’operazione di convincimento politico e finanziario che si rende ancor più necessario vista la riluttanza dei soliti noti a forme di debito comune per stimolare il settore divenuto sempre più centrale nell’agenda a dodici stelle.