Bruxelles – Nel 2023, il 16,2 per cento della popolazione dell’Ue è stata a rischio di povertà, secondo i dati Eurostat, l’Agenzia statistica dell’Unione europea. Tra le quote più elevate, oltre la Guyana francese con oltre il 50 per cento della popolazione a rischio, ci sono le regioni italiane Calabria, Sicilia e Campania, con percentuali rispettivamente del 40,6 per cento, del 38 per cento e del 36,1 per cento.
Circa 71,7 milioni di persone hanno sfiorato l’indicatore di povertà, basato sulle soglie di povertà nazionali. Con queste percentuali si indentifica la quantità rispetto al totale di persone con un reddito disponibile inferiore alla soglia di rischio di povertà, cioè al 60 per cento del reddito mediano nazionale, dopo i trasferimenti sociali. In sostanza, si paragona il reddito basso rispetto agli altri abitanti del Paese, senza considerare in modo diretto ricchezza o povertà. I dati rispetto al 2022 mostrano delle differenze nella crescita e nella diminuzione, indipendenti per ciascuna regione, ma che, nel complesso, confermano le differenze registrate anche nel 2023.
A livello regionale, dieci regioni dell’Ue presentano una percentuale di persone a rischio di povertà superiore al 30 per cento, tra cui le tre menzionate prima. Per contro, 26 regioni hanno registrato quote inferiori al 10 per cento, tra cui la regione rumena di Bucureşti-Ilfov ha registrato i tassi più bassi di persone a rischio di povertà (2,1 per cento), davanti alla regione italiana Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (3,1 per cento) e alla regione belga Prov. Oost-Vlaanderen (5,4 per cento).
Muovendosi verso un approccio multidimensionale, possono essere considerati i dati relativi alle persone a rischio di povertà o esclusione sociale, in cui vengono analizzate tre dimensioni. La prima dimensione riguarda il rischio di povertà, cioè la disponibilità del 60 per cento del reddito mediano disponibile nazionale, escludendo i trasferimenti sociali. La seconda condizione ricomprende persone che non possono permettersi 7 sui 13 elementi che si considerano come desiderabili o addirittura necessari per vivere adeguatamente, vivendo in una situazione di grave deprivazione materiale e sociale. L’ultima si concentra sul lavoro, identificando persone con meno di 65 anni che vivono in una famiglia a bassissima intensità di lavoro, con adulti che hanno lavorato per il 20 per cento o meno del loro potenziale nell’anno precedente.
Con questo indicatore, sale a 21,4 per cento la percentuale di persone in Ue, passando da oltre 70 milioni di persone a oltre 94 milioni. Allarmanti i 5,5 milioni di persone che hanno affrontato simultaneamente tutte e tre le dimensioni, essendo a rischio di povertà, in condizione di grave deprivazione sociale o materiale e con un’intensità di lavoro molto bassa.
La distribuzione, anche in questo caso, non è stata uniforme intorno alla media dell’Ue, con circa due quinti di tutte le regioni in Ue che hanno registrato livelli pari o maggiori. Rispetto al solo rischio di povertà, nel momento in cui si studiano i tre aspetti che comprendono anche l’esclusione sociale, i dati sono molto meno incoraggianti, passando da 26 regioni a 5 con dati inferiori al 10 per cento delle persone a rischio.
19 regioni dell’Ue contano una quota di persone a rischio di povertà o esclusione sociale di almeno il 35 per cento. La maggior parte di queste regioni si trova in Bulgaria, Grecia sud-occidentale, Spagna meridionale, regioni ultraperiferiche della Francia (dati del 2022), l’Italia meridionale o la Romania orientale e meridionale.
Per l’Italia, cambiano le percentuali ma le regioni dove si registra meno rischio sono la Provincia autonoma di Bolzano insieme all’Emilia Romagna, mentre in basso si trovano la Sicilia (41,4 per cento), la Campania (44,4 per cento) e, fanalino di coda, la Calabria (48,6 per cento). Dati allarmanti, che confermano l’Italia come uno dei Paesi europei con maggiore diseguaglianza nella distribuzione del reddito.