Bruxelles – Nessun nuovo ‘sofagate‘ ad Ankara. Dopo lo sgarbo istituzionale del 2021, la visita personale di Ursula von der Leyen a Recep Tayyip Erdoğan è una promessa di un futuro più stretto tra l’Ue e la Turchia. Nel segno della risposta pragmatica alle sfide comuni: la stabilizzazione del Medio Oriente e la gestione dei milioni di rifugiati che scappano da una regione martoriata. In primis dalla Siria. La presidente della Commissione europea fa la sua offerta: un miliardo aggiuntivo per sostenere il sistema di accoglienza di Ankara. Erdogan batte cassa e rilancia, auspicando un miglioramento “tangibile e immediato” nelle relazioni con Bruxelles.
Von der Leyen si è recata in Turchia per fare il punto della situazione sul nuovo corso in Siria dopo la caduta del regime di Assad. Senza il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, le due figure che secondo i trattati sarebbero gli unici custodi della politica estera del blocco. “Siamo stati informati, c’è un percorso con la Turchia sulla gestione dei flussi migratori e quindi ha senso fare una visita di questo tipo“, ha tagliato corto una fonte vicina al leader portoghese. Nessuna polemica quindi, ma è chiaro che von der Leyen ha giocato d’anticipo per imporre la propria linea, fatta di pragmatismo e concretezza di fronte all’autoritario presidente turco e al ruolo che da anni gioca nel bloccare milioni di richiedenti asilo alle porte del continente europeo.
“Desidero riconoscere che la Turchia si è costantemente assunta la responsabilità di ospitare milioni di rifugiati siriani nel corso degli anni, e noi vi siamo stati al fianco in questo sforzo”, ha dichiarato la leader Ue in una conferenza stampa congiunta con Erdogan. Dal 2011 ad oggi, l’Unione europea ha fornito quasi 10 miliardi di euro ad Ankara per ospitare più di 3 milioni di sfollati della guerra civile siriana. Alla luce del rovesciamento del regime di Assad, von der Leyen ha messo sul piatto in fretta e furia una nuova offerta: “Sono molto lieta di annunciare oggi che è in arrivo un ulteriore miliardo di euro per il 2024. Ciò sosterrà, tra l’altro, l’assistenza sanitaria e l’istruzione dei rifugiati in Turchia, continuerà a contribuire alla migrazione e alla gestione delle frontiere, compresi i rimpatri volontari dei rifugiati siriani”, ha proseguito a margine dell’incontro con Erdogan.
D’altra parte, Erdogan ha dimostrato negli anni di saper battere il chiodo finché è caldo. Ed anche oggi, ha immediatamente invocato un nuovo impulso “per un miglioramento tangibile e immediato delle relazioni tra la Turchia e l’Unione Europea“. Ankara è candidata all’adesione all’Ue dal 1999, ma il processo si è arenato gravemente nel 2018 a causa dei continui arretramenti democratici e del regime repressivo costruito nel Paese da Erdogan.
Negli ultimi anni, Bruxelles ha mantenuto congelato il processo di adesione, cercando – per non compromettere definitivamente il legame con l’importante partner – di promuovere al contempo legami più stretti dal punto di vista strategico ed economico. Ma durante la conferenza stampa, il leader turco ha chiesto direttamente ai leader europei, che si riuniranno giovedì per il Consiglio europeo, di mettere da parte “tutte le restrizioni” nelle relazioni bilaterali con Ankara, di riavviare il Dialogo politico di alto livello – sospeso dal 2019 -, e di chiudere i giochi su due obiettivi di lungo termine per la Turchia: l’aggiornamento dell’unione doganale e l’introduzione di facilitazioni al regime dei visti.
“I nostri interessi comuni non dovrebbero essere prigionieri delle agende limitate di alcuni membri“, ha sottolineato Erdogan, ai ferri corti soprattutto con Cipro e Grecia per dispute storiche e territoriali. Per il presidente turco c’è spazio per “far progredire la nostra cooperazione con una formula win-win”. Insomma, non più un rapporto in cui – a suo dire – Bruxelles persegue esclusivamente i propri interessi.
L’autoritario presidente ne ha approfittato anche per pretendere campo libero nelle sue azioni militari in Siria: “La Turchia è l’unico Paese ad essere riuscito a sconfiggere sul campo le organizzazioni terroristiche Stato islamico e Pkk. La Siria non può diventare un focolaio per il terrorismo. Non permetteremo alle organizzazioni terroristiche di prosperare”, ha dichiarato.
Di fronte alla remota ma sempre presente minaccia che la Turchia lasci partire per l’Europa milioni di persone migranti, von der Leyen non può fare altro che portare i propri omaggi al presidente e cedere a continue concessioni. “La Turchia ha un ruolo essenziale da svolgere nella stabilizzazione della regione” ha affermato, sottolineando che “le legittime preoccupazioni della Turchia in materia di sicurezza devono essere affrontate“. Per von der Leyen le relazioni economiche con Ankara “sono più forti che mai”, come dimostrano gli scambi commerciali nel 2023 da 206 miliardi di euro. “La nostra intenzione è quella di rafforzare ulteriormente questo rapporto”, ha assicurato la presidente della Commissione europea. Con un “rinnovato impegno con la Banca europea per gli investimenti (Bei) in Turchia, ma anche con la “ripresa delle discussioni su un’Unione doganale modernizzata“.
Solo due appunti al sultano turco, acquisito che “entrambi abbiamo molto da guadagnare”. Basta chiudere gli occhi di fronte all’elusione delle sanzioni europee alla Russia, perché parte della flotta fantasma con cui Mosca continua a commerciare petrolio attracca proprio nei porti anatolici. “E naturalmente è importante anche ristabilire i colloqui con Cipro, nel quadro delle Nazioni Unite”, ha puntualizzato von der Leyen. La ripresa dei negoziati di adesione passa almeno da lì. Ma per l’ostruzionismo di Nicosia, più che della presidente della Commissione europea.