Bruxelles – A chi avesse ancora dei dubbi circa il fatto che la migrazione sia tornata prepotentemente al centro dell’agenda politica europea, basterà dare uno sguardo alla lettera che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha indirizzato ai capi di Stato e di governo dei Paesi Ue, che domani (18 dicembre) si riuniranno a Bruxelles per l’ultimo Consiglio europeo dell’anno.
Nella missiva datata 16 dicembre, molto ruota intorno alla “nuova Siria” e alla potenziale destabilizzazione che la caduta del regime dittatoriale di Bashar al-Assad implica per l’intera regione mediorientale. Ma ci sono anche altri temi cruciali, tra cui l’implementazione del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, un nuovo meccanismo per i rimpatri e la difesa delle frontiere orientali dell’Ue dalle “minacce ibride” di Mosca e Minsk.
La migrazione al centro
Sono circa un paio d’anni che il capo dell’esecutivo comunitario ha preso l’abitudine di rivolgersi direttamente ai leader dei Ventisette in preparazione dei vertici europei: una pratica informale non prevista dai trattati che sembra voler ricalcare (i critici direbbero usurpare) le prerogative del presidente del Consiglio europeo stesso – nella persona di Charles Michel prima e di António Costa ora – che dai trattati riceve il compito fondamentale di coordinare le posizioni dei governi nazionali e, soprattutto, di dettare l’agenda delle riunioni di quella che rimane la più importante tra le istituzioni comunitarie.
Sia come sia, è evidente che, ancor più che nel primo, nel suo secondo mandato al timone del Berlaymont la popolare tedesca concentrerà buona parte dei suoi sforzi sulla gestione dei flussi migratori, soprattutto quelli irregolari, verso l’Unione. La parola d’ordine sembra essere quella di una maggiore coordinazione tra le cancellerie, ma anche tra queste e Bruxelles. La Stella polare, com’era prevedibile in un Vecchio continente che si è spostato con decisione verso destra, quella della linea dura contro gli esseri umani “irregolari”.
Da Damasco con furore
L’attualità irrompe prepotentemente sul tavolo dei leader europei al vertice di domani, con i drammatici sviluppi delle ultime settimane in Siria che occupano il primo posto in cima alla lista di priorità indicate da von der Leyen. “Gli eventi delle ultime settimane in Medio Oriente hanno aperto nuove opportunità per la pace e la stabilità nella regione, ma hanno anche portato nuove incertezze sulla strada da percorrere”, scrive la presidente della Commissione, sottolineando che ora “saranno possibili nuovi modi di lavorare” con le autorità di Damasco.
Le quali però sono ancora sotto valutazione da parte di Bruxelles e dei Ventisette, anche se ieri è arrivata la conferma da parte dell’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas che sono stati stabiliti i primi contatti con le milizie dell’Hts, i nuovi padroni (o presunti tali, almeno per ora) della Siria nel post-Assad. L’imperativo, sottolineato dalla stessa ex premier estone, è quello di sostenere la ricostruzione del Paese, devastato da quattordici anni di sanguinosa guerra civile, per evitare “nuove ondate di rifugiati” verso l’Ue.
Come si fa? Coinvolgendo i partner regionali, dice von der Leyen. “Dovremo aiutare il Libano, la Giordania e la Turchia a prepararsi a diverse eventualità, compresi i piani di emergenza per i movimenti imprevedibili di persone e le nuove sfide alla sicurezza”, spiega nella sua lettera, enumerando i benefici che la collaborazione con i Paesi extra-Ue portano alla gestione dei flussi di profughi e rifugiati.
Collaborazione che andrà approfondita non solo con gli Stati arabi dell’area, ma anche con la Turchia, i Balcani occidentali e i Paesi dell’arco nordafricano, dall’Egitto al Marocco e fino all’Atlantico dove si affacciano Mauritania e Senegal. Riempiendo le tasche di chi può fermare i disperati in movimento prima che raggiungano le frontiere dell’Unione (è in arrivo ad esempio un nuovo assegno da 1 miliardo di euro per Ankara, dove si trovava stamattina la stessa von der Leyen per incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan), magari chiudendo un occhio sul rispetto dei diritti umani.
Fortezza Europa
Del resto, la forte securitizzazione della politica migratoria europea è emersa con nitore soprattutto nelle animate discussioni degli ultimi mesi circa l’opportunità di costruire dei centri di rimpatrio (altrimenti detti hotspot esterni o return hubs) fuori dai confini europei. Von der Leyen rassicura i capi di Stato e di governo sul fatto che “un quadro legislativo più forte nel settore dei rimpatri sarà una delle prime proposte importanti del nuovo Collegio”, con una proposta legislativa sul tema che arriverà prima del summit Ue di marzo 2025.
I concetti di espulsioni, rimpatri e Paesi terzi sicuri (dove gli ospiti indesiderati possono essere fisicamente deportati dagli Stati membri) non sono più tabù e, per questo, va ringraziato l’asse politico tra il capo dell’esecutivo comunitario e la premier italiana Giorgia Meloni. La Commissione sta portando avanti la sua “analisi di modalità innovative per contrastare la migrazione illegale, dando seguito alle priorità segnalate dagli Stati membri”, continua la missiva, sottolineando che occorre “esaminare gli aspetti legali, operativi e pratici, nonché le implicazioni finanziarie di tali hub, nel rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento”.
L’implementazione del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, pietra miliare del primo quinquennio di von der Leyen, seguirà soprattutto le priorità indicate dalla stessa presidente nella sua lettera di ieri: “migliorare la gestione delle frontiere esterne; migliorare l’efficienza e l’equità del sistema di Dublino” e appunto garantire “una gestione più efficiente dei sistemi di accoglienza e rimpatri più efficienti”.
Mentre si pensa a come costruire centri di deportazione esterni, intanto, le stesse frontiere orientali dell’Unione stanno venendo sempre più militarizzate per rispondere a quelle che Bruxelles definisce “minacce ibride” da parte di Russia e Bielorussia, che strumentalizzano i migranti per destabilizzare i Paesi europei. La timoniera del Berlaymont richiama la recente iniziativa per finanziare con 170 milioni sistemi di sorveglianza avanzata ai confini polacchi, baltici e scandinavi, sottolineando che “dobbiamo proteggerci”. In quell’angolo freddo d’Europa saranno ammesse anche violazioni del diritto internazionale come i respingimenti, purché “limitate”, “temporanee” e “proporzionate”.