Bruxelles – Gli Stati membri non dovrebbero avere il potere di vietare sul proprio territorio cibi e mangimi Ogm autorizzati da Bruxelles. La commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha respinto il progetto di direttiva proposto dalla Commissione lo scorso aprile. Secondo gli eurodeputati i divieti nazionali arbitrari potrebbero falsare la concorrenza nel mercato unico Ue e mettere a repentaglio alcuni settori di produzione alimentare dell’Unione, come gli allevamenti, che sono fortemente dipendenti dalle importazioni di mangimi geneticamente modificati.
Il parere della commissione Agricoltura, adottato con 28 voti a favore, otto contrari e sei astensioni, è un primo segnale di allarme ma il voto non è vincolante in quanto la commissione incaricata di occuparsi del tema, prima della definitiva presa di posizione della Plenaria, è quella Ambiente, che si esprimerà il prossimo 12 ottobre.
“Il nostro voto invia un messaggio chiaro: la proposta della Commissione di consentire agli Stati membri di decidere se limitare o vietare l’uso di alimenti e mangimi Ogm sul proprio territorio deve essere respinta perché non abbiamo costruito il mercato unico per lasciarlo distorcere da decisioni arbitrarie”, ha dichiarato il relatore del parere, il popolare tedesco Albert Dess, secondo cui “l’approccio della Commissione è completamente irrealistico perché abbiamo interi settori che si affidano a massicci import di mangimi Ogm e se questi fossero banditi non riuscirebbero a sopravvivere”. Per il deputato è a rischio “l’intera produzione di animali europea, un qualcosa che ci renderebbe sempre più dipendenti dalle importazioni dai Paesi terzi che non sempre riescono a rispettare i nostri standard”.
E il respingimento della proposta, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è “una buona notizia” anche per i Verdi che con José Bové affermano che questa proposta creerebbe un “disastro generale, dimenticando cinicamente che le merci circolano liberamente da un Paese all’altro e non possono essere controllate”. Per Bové c’è bisogno “di un rilancio delle coltivazioni delle culture proteiche affinché gli allevamenti non dipendano più da importazioni massicce di soia transgenica”.