Bruxelles – “L’Italia fa quello che deve” e anche “molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane e accogliendo i profughi”. L’Italia non ci sta ad essere bacchettata ancora, non sull’immigrazione su cui sente di stare facendo il massimo nonostante la difficoltà della sfida. Così il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, risponde ai richiami arrivati in questi giorni dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese, François Hollande secondo cui Italia e Grecia devono mettere in piedi, e subito, i centri di registrazione dei migranti su cui “non si possono accettare ritardi”.
“Chiedere a Grecia e Italia di fare i compiti a casa sull’immigrazione sarebbe come dire a Paesi colpiti da un alluvione di accelerare la produzione di ombrelli”, sottolinea Gentiloni secondo cui “l’Europa ha bisogno di andare nella direzione esattamente opposta a quella di bacchettare i Paesi alla sua frontiera esterna”, in particolare l’Italia visto che, rivendica il titolare della Farnesin “a livello internazionale siamo citati come modello positivo”.
Piuttosto, rilancia il titolare degli Esteri, occorre rivedere il regolamento di Dublino, visto che “la logica non può essere quella di applicare regole concepite 25 anni fa”, mentre “il fenomeno è cambiato radicalmente nei numeri, nelle origini, nelle dimensioni per i singoli Paesi”. Il rischio “se si continua a dire che ognuno deve sbrigarsela da solo”, avverte Gentiloni, è che “questo moltiplicarsi e sovrapporsi di immagini terribili – da Kos alla Macedonia, dalla Manica alla Sicilia – alla fine diventi un macigno sul futuro dell’Europa”.
“L’unica strada da seguire”, secondo il ministro degli Esteri è “l’europeizzazione della gestione dei flussi, cioè un diritto d’asilo europeo, con definizione comune della titolarità e politiche di rimpatrio comuni”. Bisogna considerare infatti che “i migranti arrivano in Europa, non in Italia, Grecia, Germania o Ungheria” perché “così come funziona adesso, si rischia di mettere in discussione Schengen e tornare alle vecchie frontiere: ma limitare la libera circolazione delle persone significa minare uno dei pilastri dell’Europa”. Non solo. Altro passo necessario è la “creazione di canali di immigrazione legale verso l’Europa nel suo complesso” perché, è convinto Gentiloni, “abbiamo bisogno di immigrati legali, con capacità e talenti”. Infine, “occorre un equilibrio negli oneri tra i vari Paesi” perché “e il diritto d’asilo vale per tutta Europa, l’equa distribuzione impedirà che i flussi si indirizzino tutti verso i Paesi più ricchi e generosi”.