Bruxelles – Sogno georgiano, il partito al governo in Georgia, ha scelto il politico di estrema destra ed ex calciatore Mikheil Kavelashvili come suo candidato alla presidenza della Repubblica. La carica, che andrà rinnovata a metà dicembre, è sostanzialmente cerimoniale e non ha poteri realmente incisivi. Ma la nomina da parte del Parlamento di Tbilisi del successore dell’europeista Salomé Zourabichvili sarà l’ennesima conferma della direzione in cui il Paese caucasico sta andando dopo le contestate elezioni legislative del mese scorso. E cioè sempre più vicino alla Russia, e sempre più distante dall’Unione europea.
Mercoledì (27 novembre), i quadri di Sogno georgiano hanno scelto Kavelashvili come candidato del loro partito alla carica di capo dello Stato. Kavelashvili ha 53 anni ed è un ex giocatore della nazionale di calcio, della Premier league britannica e della Super league elvetica. Il suo ingresso in politica risale al 2016, quando ha varcato la soglia del Parlamento venendo eletto tra le fila di Sogno georgiano, il partito di governo filo-russo e nazional-populista che controlla il Paese dal 2012. Da quest’ultimo è fuoriuscito nel 2022 per fondare Potere al popolo, che si caratterizza per una forte retorica anti-occidentale (soprattutto anti-statunitense, ma anche contro l’integrazione in Ue) e l’opposizione alla “propaganda Lgbtq+”.
Caos politico
Attualmente, il ruolo è ricoperto da Salomé Zourabichvili, la presidente europeista e filo-occidentale che sta facendo da catalizzatrice per la rivolta delle opposizioni parlamentari, le quali contestano come illegittimo (in quanto dirottato da Mosca) il voto per il rinnovo dell’assemblea legislativa tenutosi lo scorso 26 ottobre. In quella data, gli osservatori locali e internazionali hanno denunciato gravi e diffuse violazioni del processo elettorale che ha confermato al potere Sogno georgiano per la quarta volta di fila.
I partiti dell’opposizione hanno deciso di boicottare i lavori del nuovo emiciclo, ma i deputati filo-governativi avevano i numeri per far partire comunque la legislatura (Sogno georgiano e Potere al popolo detengono complessivamente 89 dei 150 seggi totali). Così, lo scorso 25 novembre, tra le proteste dei cittadini, il nuovo Parlamento è entrato formalmente in funzione mentre Zourabichvili lo bollava come “incostituzionale”.
La nomina del presidente
Il prossimo 14 dicembre, l’assemblea sarà dunque chiamata a nominare il nuovo presidente della Repubblica. Non ci sono dubbi sul fatto che il candidato di Sogno georgiano otterrà l’incarico, visto che, in base alle nuove regole introdotte con la riforma costituzionale del 2017 (che si applicheranno per la prima volta quest’anno), il capo dello Stato non sarà più eletto direttamente dai cittadini ma sarà investito da un collegio elettorale composto da 300 membri, di cui fanno parte tutti i 150 deputati più 150 rappresentanti delle regioni e delle amministrazioni locali.
Presentando all’emiciclo (dov’erano presenti, appunto, solo i deputati della maggioranza) la candidatura dell’ex calciatore, l’oligarca e fondatore di Sogno georgiano Bidzina Ivanishvili ha lodato il “contributo fondamentale” di quest’ultimo “alla tutela degli interessi nazionali della Georgia e al rafforzamento della sovranità del Paese”, mentre Kavelashvili ha sostenuto che “la nostra società è divisa” per colpa della “radicalizzazione e polarizzazione” alimentate dall’estero e ha accusato Zourabichvili di aver violato le norme fondamentali dello Stato caucasico, promettendo che lui “riporterà la presidenza nel suo alveo costituzionale”.
Verso Mosca con furore
Una volta approvata formalmente, la nomina di Kavelashvili sarà l’ennesima conferma che Sogno georgiano sta spingendo Tbilisi sempre più verso l’orbita del Cremlino e sempre più lontana da Bruxelles. Uno scivolamento che ha portato l’Ue a congelare il processo di adesione della Georgia al club a dodici stelle lo scorso giugno, almeno finché il governo non farà marcia indietro su una serie di provvedimenti giudicati come liberticidi e incompatibili con il diritto comunitario.
Tra questi ce n’è uno, a firma anche di Kavelashvili, che impone alle organizzazioni che ricevano almeno il 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi come “agenti stranieri”, sul modello di una legge analoga approvata nella Russia di Vladimir Putin e che ha di fatto autorizzato una stretta sul dissenso e sulle voci indipendenti nella Federazione.