Bruxelles – Il secondo turno delle elezioni presidenziali in Romania sarà uno scontro tra il candidato ultranazionalista Călin Georgescu ed Elena Lasconi, leader del partito liberale di opposizione Usr. A sorpresa, l’indipendente Georgescu ha ottenuto la maggioranza relativa al primo turno di domenica scorsa (24 novembre), mentre Lasconi ha staccato di appena lo 0,3 per cento il premier in carica, il socialdemocratico Marcel Ciolacu, che si è dimesso insieme al leader dell’altro partito liberale con cui è in coalizione (Pnl), Nicolae Ciucă. Il ballottaggio è fissato per l’8 dicembre ed avrà conseguenze importanti per il Paese balcanico.
Con lo spoglio completato al 100 per cento, i risultati finali hanno ufficialmente consegnato a Georgescu, candidato indipendente proveniente dall’estrema destra populista, il primo posto con il 22,94 per cento dei consensi. Si è trattato di una sorpresa che nessuno aveva previsto e che ha creato scompiglio nella politica romena, poiché la piattaforma elettorale di Georgescu – che ha fatto la sua campagna su TikTok – è marcatamente pro-Cremlino e anti-Nato.
Tanto che, parlando da Strasburgo durante la plenaria dell’Eurocamera, la capogruppo liberale Valérie Hayer ha chiesto pubblicamente all’amministratore delegato del social network “di presentarsi di fronte a questo Parlamento per assicurarci che non siano avvenute violazioni del Dsa” durante la campagna elettorale, riferendosi al regolamento Ue sui servizi digitali che impone dei requisiti di trasparenza alle piattaforme online.
Per il secondo posto, cioè per l’accesso al ballottaggio dell’8 dicembre, ha prevalso sul filo del rasoio la candidata dell’Usr Elena Lasconi con il 19,18 per cento delle preferenze, solo 2740 voti in più del primo ministro Marcel Ciolacu (leader del partito socialdemocratico Psd), che i sondaggi davano come grande favorito in un testa a testa che avrebbe dovuto vederlo sfidare George Simion (che ha preso il 13,86 per cento), capo del partito di estrema destra Aur in cui ha militato anche Georgescu.
Invece, Ciolacu è finito terzo con il 19,15 per cento e pertanto ha rassegnato le dimissioni, rimanendo in carica per gli affari correnti fino alle prossime elezioni politiche, in calendario per il primo dicembre. Dalle quali potrebbe emergere un Parlamento decisamente spostato a destra, se gli elettori decideranno di premiare ancora le forze della destra ultranazionalista e pro-Russia, che tra Georgescu e Simion hanno raccolto circa il 36 per cento al primo turno delle presidenziali. Secondo alcuni analisti, i partiti della destra radicale potrebbero conquistare oltre un terzo dei seggi nel nuovo emiciclo.
Insieme a Ciolacu si è dimesso anche Nicolae Ciucă, segretario del Pnl che a Bucarest governa in coalizione col Psd, dopo aver ottenuto solo l’8,79 per cento dei consensi nel peggior risultato di sempre per il Psd e il Pnl, i due maggiori partiti della Romania post-comunista. Il nuovo leader del Pnl, Ilie Bolojan, ha chiesto agli elettori del suo partito di sostenere Lasconi al ballottaggio, per mantenere il Paese balcanico su un corso europeista e pro-Nato. Da parte del Psd non è ancora arrivato ufficialmente un endorsement per la candidata dell’Usr, ma è verosimile che sia solo una questione di tempo.
A parteggiare per Georgescu nel secondo turno, oltre all’Aur, ci sarà sicuramente anche un altro partito di estrema destra, Sos Romania, mentre non è chiaro cosa faranno gli altri partiti conservatori. Georgescu ha pubblicamente espresso simpatia per alcuni leader romeni degli anni Trenta e Quaranta, incluso Ion Antonescu, che hanno collaborato con le forze di occupazione naziste, etichettandoli come “eroi nazionali” e “martiri”.
Finita l’era del liberale Klaus Iohannis, eletto a capo dello Stato balcanico nel 2014 e di nuovo nel 2019, potrebbe ora aprirsi per la Romania un quinquennio sotto la guida di un presidente anti-sistema e vicino a Vladimir Putin, il che rischierebbe di mettere in discussione (tra le altre cose) la collocazione internazionale di Bucarest e il sostegno alla resistenza ucraina.