Bruxelles – Almeno una volta nella vita, una donna su tre in Unione europea è stata vittima di violenza domestica, sul lavoro o in pubblico. Preoccupante che non ci siano stati “grandi progressi rispetto all’ultimo studio nel 2014“, secondo la direttrice di Eige (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere) Christine Scheele.
Questo lo spaccato che emerge dall’indagine dell’Ue sulla violenza di genere, condotta dal 2020 al 2024 da Eurostat (l’ufficio statistico dell’UE), dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) e da Eige. I risultati sono stati presentati oggi (25 novembre) in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. I dati raccolti dalle tre organizzazioni riguardano le donne in età compresa tra i 18 e i 74 anni provenienti da tutta l’Ue e l’intera piramide della violenza di genere, dagli abusi fisici a quelli domestici, senza tralasciare le molestie sul posto di lavoro.
La casa non è più un luogo sicuro, soprattutto se il partner abusante pratica violenza psicologica, per cui la percentuale di donne che dichiarano di aver subito violenza sale da oltre il 17 per cento al 31,8. Spesso parliamo di episodi ripetuti, tra cui lo stalking (5,1 per cento) ma anche le violenze fisiche o minacce di morte da parte di un membro della famiglia o di un parente.
Anche il posto di lavoro diventa un buco nero di violenza. Una donna su tre denuncia molestie sessuali sul posto di lavoro e aumentano i risultati per le donne più giovani, con circa il 40 per cento di vittime sul totale. Le differenze a livello di età sono grandi, soprattutto per la differente sensibilità e la maggiore (o minore) consapevolezza riguardo alle molestie sessuali.
Il “Paradosso nordico” e qualche successo sospetto
Non è univoco il panorama per i paesi europei. Il “Paradosso nordico” è il fenomeno che riguarda i paesi nordeuropei, con percentuali molto alte di incidenza della violenza, da prime posizioni nell’indice dell’uguaglianza di genere. Esempio lampante la Svezia, con il 52,5 per cento di donne vittime di violenza, ben oltre la media europea, e il punteggio più alto in Ue nell’indice dell’uguaglianza, con oltre l’80 per cento. Per quanto paradossale sia, è espressione di una realtà in cui ci sono le condizioni per denunciare (e i dati ovviamente salgono).
Sorge spontaneo chiedersi quanto siano incompleti i dati di molti altri Paesi. L’Italia sembra posizionarsi bene, con una percentuale del 31,7, superiore di un punto percentuale rispetto alla media europea (e i numeri provenienti solo da sondaggi nazionali).
Fanno storcere il naso i risultati di Bulgaria e Polonia, che straordinariamente hanno delle percentuali sotto la media per i valori totali, con l’11,9 per cento per la prima e 16,7 per cento per la seconda. Eccellenti nei numeri, sorprendenti perché registrati in due Paesi noti per delle politiche non favorevoli ai diritti delle donne (come la legge polacca che criminalizza l’aborto o la marcata opposizione bulgara alla ratifica Ue della Convenzione di Istanbul).
Oltre la metà delle donne in Ungheria sono state, almeno una volta, vittime di violenza domestica, mentre in Polonia continua ad avere dati nettamente inferiori alla media, registrando il valore più basso in Ue. Stesso discorso per le molestie sessuali sul posto di lavoro, in cui la Svezia registra il 55,4 per cento di donne contro il 12,2 per cento della Bulgaria e l’11 della Lettonia. L’Italia registra dei dati mediamente sotto i valori europei, ma fanno riflettere le 99 vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno, che non descrivono una landa felice per i diritti delle donne italiane.
“Sorella, io sì che ti credo” (ma dipende)
“Abbiamo in Europa una epidemia invisibile di violenza“, riflette Sirpa Rautio, direttrice Fra. Il problema è che non si denuncia abbastanza.
La colpa non è delle vittime, ma di un sistema inefficiente di protezione da parte degli Stati membri e uno stigma ai danni delle vittime ancora troppo evidente.
La maggior parte delle vittime ha dichiarato di aver parlato con persone vicine. Troppo grande il rischio di sentirsi dire “Sorella io ti credo” con un grande ‘ma’ accanto, che spesso dipende da chi è l’autore della violenza
Grave che solo il 13,9 per cento abbia denunciato alla polizia, testimoniando grandi carenze da parte del sistema giudiziario nel proteggere le vittime e poca affidabilità anche nella gestione dei casi.
Se questi sono i numeri di chi ne parla, molte altre donne scelgono il silenzio. “Ricordiamo che dietro ogni numero c’è un volto, un nome e una storia“, ha dichiarato la Presidente della Commissione europea von der Leyen, aggiungendo: “Le loro storie devono essere raccontate. Ecco come rompiamo il silenzio. Ecco come porremo fine alla violenza. Oggi e ogni giorno, siamo con le vittime“.
Un coro del movimento femminista italiano ‘Non una di meno’ canta :”La colpa non è la mia, né dentro casa, né per la via“. Ma le donne continuano ad avere paura. I numeri riportati passano la palla agli Stati, ai quali, nuovamente, si chiede di fare di più e in modo concreto, visto che il buon vecchio cordoglio e qualche riflessione per commentare l’ennesima violenza non bastano più.