Bruxelles – La forma di violenza più vergognosa, la più diffusa, che non conosce confini geografici, culturali e di ricchezza. Una violenza che più di nove volte su dieci viene commessa da uomini. Nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, l’Ue riscopre un’altra volta che una cittadina europea su tre subisce violenza fisica e sessuale nell’arco della propria vita. Nel giorno in cui in Francia e in Italia i pubblici ministeri si sono espressi su due dei casi più atroci degli ultimi tempi, quelli di Gisèle Pelicot e di Giulia Cecchettin, le istituzioni europee si vestono di arancione. E rilanciano le parole simbolo del processo di Mazan: “La vergogna deve cambiare campo”.
A cominciare dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che in un videomessaggio ha ricordato che “dietro ogni numero c’è un volto, un nome, un’anima, una storia”. E ha ricordato la ventiduenne veneta uccisa dall’ex fidanzato, Filippo Turetta – per il quale i pm di Venezia hanno chiesto l’ergastolo – e la settantaduenne transalpina, drogata per dieci anni dal marito e violentata da decine di uomini. Per Dominique Pelicot, la procura di Mazan ha chiesto 20 anni di reclusione.
“È un giorno in cui ogni anno ricordiamo tutte le donne che abbiamo perso”, ha esordito la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, di fronte all’Aula riunita in sessione plenaria a Strasburgo. Più di tremila all’anno nei Paesi dell’Unione europea. Ma anche “tutte coloro che sono state picchiate, abusate, traumatizzate e maltrattate”. E allora qui si parla dell’esperienza di 50 milioni di donne di età compresa tra i 18 e i 74 anni. Una “piaga sociale e culturale”, come l’ha definita la premier italiana Giorgia Meloni.
Numeri, quelli diffusi dalla prima indagine su scala europea pubblicata da Eurostat, dall’Agenzia dell’Ue per i diritti fondamentali (Fra) e dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), che restituiscono una verità agghiacciante: negli ultimi dieci anni, non c’è stato alcun progresso. Anzi, per quanto riguarda il reato di stupro, “abbiamo assistito a un aumento, con nuovi dati che mostrano che una donna su sei ha subito violenza sessuale, compreso lo stupro, nel corso della sua vita”.
Eppure, nell’ultimo anno Bruxelles ha fatto dei passi avanti dal punto di vista legislativo. L’adesione alla Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, e l’adozione della prima direttiva Ue sul tema, che dovrà ora essere implementata dai Paesi membri. “In questa legislatura dobbiamo andare oltre”, ha avvertito Metsola. Per molti, la legge europea in vigore dal giugno scorso, è stata un fuoco di paglia. Configura come reato le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati, la condivisione non consensuale di immagini intime, lo stalking e le molestie online, inasprisce le pene detentive e contiene un nuovo elenco di circostanze aggravanti. Ma ha fallito sul punto più dirimente: una definizione armonizzata del reato di stupro basata sull’assenza di consenso.
“È vergognoso che alcuni Stati membri abbiano rifiutato l’inclusione di una legislazione sullo stupro basata sul consenso”, ha attaccato nuovamente la relatrice della direttiva per l’Eurocamera, la socialista svedese Evin Incir. Puntando il dito contro un nome su tutti: il presidente francese Emmanuel Macron. Perché sono stati i governi francese e tedesco a tradire le aspettative del Parlamento europeo e a formare una minoranza di blocco in Consiglio dell’Ue, insieme a pochi altri Paesi ben più conservatori, impedendo di mettere nero su bianco il reato di stupro per mancanza di consenso. In Francia e in diversi altri Stati membri, oggi una donna deve portare su di sé i segni di una violenza fisica perché venga riconosciuto il reato di stupro. Non basta il principio che ‘no è no’.
L’enorme lacuna viene smascherata nella sua portata più estrema proprio nel processo di Mazan, in cui alcuni dei 51 uomini accusati di stupro nei confronti di una donna priva di sensi si difendono perché il marito di Gisèle Pelicot aveva dato loro il consenso. E poi, come ha ricordato la capogruppo dei Liberali all’Eurocamera, Valerie Hayer, “un francese su cinque pensa che una donna provi piacere a essere forzata”.
Ancora una volta, i numeri inchiodano i capi di Stato e di governo alle loro responsabilità. E tutti gli uomini, perché – ha sottolineato un’altra eurodeputata francese, la leader della Sinistra europea Manon Aubry – se è vero che non tutti gli uomini commettono violenze sulle donne, è altrettanto vero che sono sempre gli uomini che le commettono. Nel 2021, il 20 per cento delle donne in Ue ha subito violenza fisica o sessuale da parte di un non partner, il 9 per cento ha subito atti degradanti o umilianti diversi dallo stupro, un altro 7 per cento ha subito violenza fisica e non sessuale e il 4 per cento è stata vittima di uno stupro. E il 19 per cento delle donne che hanno avuto un partner nella propria vita, ha subito minacce, violenza fisica o sessuale da parte del partner.
Al dibattito all’Eurocamera, qualcuno ha ricordato le spiacevoli parole del ministro dell’Istruzione italiano, Giuseppe Valditara, che ha di recente dichiarato che il patriarcato non esiste più e che le violenze sessuali sono legate all’arrivo di migranti irregolari. Smentito dai numeri, perché secondo i dati pubblicati da Istat nel 2023 il 94,3 per cento delle donne italiane uccise è stata vittima di uomini italiani. E se in Italia il patriarcato è stato abolito legalmente nel 1975, è ancora largamente presente nella cultura. Nelle culture. “Dobbiamo educare, non ci sono tradizioni, religioni o ideologie che possano giustificare un solo atto di violenza”, ha dichiarato Antonella Sberna, vicepresidente del Parlamento europeo e eurodeputata di Fratelli d’Italia.
A Valditara e a “chi nega quest’emergenza” ha risposto anche Carolina Morace, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, citando Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano, “due delle tante donne uccise da uomini bianchi, europei e benestanti“. Per Morace, la chiave è “investire nella prevenzione e nella cultura del rispetto, contrastare e non negare il patriarcato”. Perché la vergogna cambi campo. Dalla vittima, all’aggressore.