Bruxelles – Nell’anniversario del millesimo giorno dall’inizio dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, celebrato dall’Europarlamento con una sessione plenaria speciale alla quale si è collegato da Kiev il presidente Volodymyr Zelensky, i ministri degli Esteri di cinque Paesi Ue hanno aperto all’emissione di debito comune per finanziare le spese militari, inclusi gli sforzi per raggiungere il target del 2 per cento del Pil destinato alla difesa concordato in sede Nato. Target che, in realtà, è già diventato obsoleto.
Gli obblighi in casa Nato
In un comunicato congiunto pubblicato oggi (19 novembre), i capi della diplomazia di Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna, hanno dichiarato di ritenere “imperativo rafforzare la Nato aumentando le spese per la sicurezza e la difesa, in linea con gli impegni assunti in precedenza”. Il riferimento è alla decisione, risalente al 2014, di fissare al 2 per cento del Pil le spese militari degli Stati membri dell’Alleanza per garantire un adeguato livello di preparazione ad eventuali minacce esterne.
Tuttavia, in luce dei recenti sviluppi sullo scacchiere internazionale, i ministri sono convenuti sulla necessità di “una spesa superiore” al fine di “affrontare le crescenti minacce alla sicurezza e soddisfare i requisiti di deterrenza e difesa in tutti i settori dell’area euro-atlantica”. Primo tra tali sviluppi, neanche a dirlo, è l’aggressione russa dell’Ucraina lanciata da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022, entrata oggi nel suo millesimo giorno. Mentre il presidente del Paese aggredito faceva il suo discorso all’Eurocamera, l’esercito di Kiev sparava per la prima volta dall’inizio del conflitto i missili a lungo raggio Atacms in territorio russo, dopo il via libera ricevuto ieri dal presidente Usa Joe Biden.
La riunione ministeriale tenutasi a Varsavia era un incontro del cosiddetto “triangolo di Weimar” (composto da Francia, Germania e Polonia) allargato anche a Italia, Spagna e Regno Unito e a cui ha partecipato anche la prossima Alta rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas. Sul tavolo c’erano diversi temi relativi alla guerra in Ucraina, inclusa la posizione da assumere nei confronti della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca.
Gli eurobond per la difesa
Tra i punti principali, è riemersa l’annosa questione degli eurobond per la difesa, strumenti finanziari che dovrebbero permettere ai Ventisette di emettere titoli di debito comune sui mercati internazionali per sostenere spese e investimenti nel settore della difesa. Lo scorso giugno, i leader Ue avevano rimandato la trattativa sui finanziamenti congiunti al 2025, sotto l’egida del nuovo esecutivo comunitario.
“Per la prima volta qui a Varsavia i cinque più grandi Paesi europei concordano sulla necessità di bond europei per la difesa”, ha dichiarato a margine dell’incontro il padrone di casa Radoslaw Sikorski, secondo cui la discussione ha rappresentato “una svolta molto importante”. Tra i governi rappresentati nella capitale polacca, il più scettico era sempre stato quello tedesco, che nel rispetto del rigorismo fiscale caro a Berlino si era storicamente opposto all’emissione di debito comune a livello europeo.
Al contrario, il governo italiano è da sempre favorevole agli eurobond, che permetterebbero a Roma di usufruire di tassi di interesse agevolati. Ma, ha fatto notare il titolare della Farnesina Antonio Tajani, esiste “un problema” che si chiama Patto di stabilità e crescita (Psc): “Abbiamo preso degli impegni con Bruxelles, abbiamo sette anni di tempo per ridurre il rapporto deficit-Pil”, ha ricordato il vicepremier azzurro, “e le spese per la difesa devono essere scorporate (dal calcolo del deficit, ndr) se vogliamo arrivare al 2 per cento” deciso dall’Alleanza.
Una proposta “accolta dal nuovo commissario alla Difesa” Andrius Kubilius, ha proseguito Tajani, e che sarà fondamentale anche “per poter contare di più all’interno della Nato”, dove “è giusto che ci sia un pilastro europeo e uno americano”. Da Bruxelles gli ha fatto eco il ministro alla Difesa Guido Crosetto, che ha reiterato l’appello già lanciato la scorsa estate, che per ora è sempre caduto nel vuoto. Vedremo ora se la Commissione von der Leyen bis farà qualcosa per cambiare le regole del gioco, permettendo agli Stati membri di aumentare i propri bilanci per la difesa senza incorrere in procedure d’infrazione.