Bruxelles – Si può fare politica attiva e candidarsi in un partito di un Paese membro dell’Ue anche se non si ha la cittadinanza di quel Paese, ma essendo solo residenti. Che vuol dire? Che se un belga vuole candidarsi alle elezioni per il partito socialdemocratico tedesco può farlo. A patto che si tratti di elezioni locali o europee, le sole per cui si può correre da ‘stranieri’. Lo chiarisce la Corte di giustizia dell’Ue che, con sentenza, bacchetta automaticamente Polonia e Repubblica ceca per politiche discriminatorie nei confronti degli altri cittadini europei.
I giudici di Lussemburgo stabiliscono che negare ai cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro senza esserne cittadini il diritto di divenire membri di un partito politico viola il diritto dell’Unione. Nello specifico si viola l’articolo 22 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, che riconosce esplicitamente la possibilità di elezione ed elegibilità senza obbligo di cittadinanza. Il solo fatto di essere cittadini comunitario conferisce automaticamente diritti.
Logiche e narrative nazionalistiche o patriottiche non valgono ai sensi del diritto comunitario. La mancata o vietata iscrizione all’interno di partiti politici “non può essere giustificata da motivi attinenti al rispetto dell’identità nazionale”, chiarisce la sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia dell’Ue. Inoltre il mancato accesso alla politica attiva va contro i fondamenti dell’Unione europea. I partiti politici, viene ricordato, “svolgono un ruolo fondamentale nel sistema di democrazia rappresentativa, il quale concretizza il valore della democrazia su cui l’Unione segnatamente si fonda”.