Bruxelles – L’Unione europea ha rimesso in moto l’industria delle difesa, con spese e investimenti cresciuti in ognuna delle tre dimensioni, terrestre, marittima e aerospaziale. Ma l’Europa spende male, e continua a non spendere in Europa, ponendo sfide di competitività, industriale e di sicurezza, il che diventa anche una questione di autonomia strategica. E’ quanto emerge dalla relazione annuale di Asd- AeroSpace and Defence Industries Association of Europe, l’associazione delle industrie europee della difesa.
I numeri del settore indicano una crescita, a riprova di un percorso chiaro e preciso. Nel 2023 l’industria europea della difesa rappresentata in Asd (oltre 4mile imprese in 21 Stati) ha generato un fatturato di 158,8 miliardi di euro, con un aumento del 16,9 per cento rispetto all’anno precedente. Una crescita evidente in ognuno dei tre settori chiave: aeronautica militare (+15,8 per cento), navale (+17,7 per cento) e terrestre (+17,7 per cento).
Ancora, sempre nel 2023 l’industria della difesa ha registrato un aumento dell’8,9 per cento nell’occupazione, arrivando a 581mila posti di lavoro. Il settore dell’aeronautica militare ha rappresentato circa 217.000 di questi posti di lavoro, mentre la forza lavoro combinata nei settori terrestre e navale ha rappresentato 364.000 posti di lavoro all’interno del settore.
La buona notizia per settore e comparto industriale è che, anche sulla scia delle turbolenze sullo scacchiere internazionale e l’evoluzione del panorama geopolitico, gli Stati membri dell’Ue hanno aumentato i loro bilanci per la difesa. Tuttavia, denunciano Asd Europe, “parti significative degli investimenti europei negli appalti per la difesa continuano a fluire verso fornitori non europei, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza delle catene di fornitura durante i periodi di elevata domanda o crisi”.
Da qui la richiesta ai governi degli Stati membri dell’Ue e dei Paesi europei di “garantire che i budget per gli appalti della difesa europea siano investiti prevalentemente nella base industriale della difesa europea”. Nella relazione si lamenta che “questo non è il caso oggi e mina la competitività dell’industria della difesa europea e, in ultima analisi, anche le ambizioni europee per un ruolo più credibile come fornitore di sicurezza“.
Si chiede di “agire” e di “decidere”, nel senso di una politica decisa volta al rilancio in grande stile. E’ vero che negli ultimi anni “l’aumento del prezzo dell’enegia ha reso più difficile lavoro e consegne“, riconosce Jan Pie, segretario generale di Asd, ma c’è dell’altro. “La guerra della Russia in Ucraina ha ulteriormente sottolineato le vulnerabilità della difesa europea“, sottolinea il presidente di Asd, Guillaume Faury: “Anni di sotto-investimenti e strategie nazionali frammentate hanno limitato il potenziale della base tecnologica e industriale della difesa europea”. L’Europa, ammette, “è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina in termini di investimenti in innovazione, tecnologia e ricerca“.
L’appello, ancora una volta, è per i governi. Sono loro che devono far partire le commesse e renderle europee, a misure di agende e ambizioni. La dipendenza da Paesi terzi per materiali essenziali come minerali e semiconduttori critici “aggiunge un ulteriore livello di complessità alla situazione”, che va affrontata e risolta, continua Faury, che chiede anche di adoperarsi per “forza lavoro qualificata e specializzata”. Un’altra sfida immediata per la difesa dell’Ue è avere le persone che la facciano.
Ben venga il rapporto Draghi, dunque. “Draghi sostiene un’Europa più coesa, una politica industriale”, sottolinea il presidente di Asd. “La frammentazione nella difesa e nello spazio, unita alla mancanza di coordinamento tra gli stati membri, sta ostacolando la capacità dell’Europa di raggiungere la scala richiesta per la competizione globale“. Solo guardando agli Stati Uniti, continua, “qui abbiamo i giganti”. quelli di sempre e quelli nuovi, come SpaceX. “Nel settore spaziale molto sta accadendo, e lo spazio deve restare alto nell’agenda, è molto importante per la sicurezza e la sovranità”.
A proposito di giganti del settore, AeroSpace and Defence Industries Association of Europe chiede all’Europa di poterne creare di propri. “Non sono sicuro che vadano cambiare le regole della concorrenza” in quanto tali, “ma sappiamo che siamo circondati da grandi operatori e allora forse andrebbe guardato il mercato”, continua il presidente di Asd. Da Faury un invito a permettere la creazione di grandi player tutti europei della difesa e dell’aerospazio in Europa. “Se manteniamo un mercato sotto-scala, si investe meno”.
“Vediamo cosa farà la nuova Commissione“, ragiona a voce alta Micael Johansson, vicepresidente di Asd, nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati. Ci si attende il cambio di rotta che serve all’Europa, alla sua difesa, e alla sua industria.