Bruxelles – Dopo l’elezione di Trump negli Stati Uniti, in Unione Europea “dobbiamo essere pronti”. Questo l’avvertimento dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, durante la plenaria del Parlamento europeo a Bruxelles.
Il criptico messaggio arriva durante il dibattito riguardo le relazioni Ue-Usa. La vittoria di Trump, secondo Borrell, non è “casuale”, ma spiega un cambiamento sociale profondo nella società statunitense, che specularmente si trova anche nell’altra sponda dell’Atlantico. Le conseguenze di questa elezione si sentiranno nei prossimi anni, per l’Alto rappresentante.
Qualsiasi azione che Trump deciderà di intraprendere avrà un impatto sull’Ue, e “le parole chiave sono sicurezza, commercio, tecnologia”, aggiunge Borrell. Che siano i dazi sui prodotti europei o cinesi, le decisioni americane colpirano direttamente o indirettamente la competitività europea e l’equilibrio geopolitico in cui l’Ue si trova ad agire.
Ucraina, Medio Oriente e il rapporto Cina e Taiwan sono le ‘patate bollenti’ del futuro. Per la prima, Borrell durante la sua visita a Kiev aveva chiaramente detto: “L’Ucraina sta lottando per ottenere l’indipendenza e per cercare uno spazio nel panorama geopolitico. E il posto per lei è stato deciso: è l’Unione Europea“. La promessa di entrare nell’Ue richiede una strategia che sia in grado di compensare un eventuale allontanamento statunitense, ripensando anche a come usare i fondi congelati russi.
Borrell chiede di concentrarsi sulla “nostra sicurezza”, con delle azioni effettive (al contrario degli slogan conseguenti al Trump 1.0), relativamente, per esempio, ad aumentare la spesa militare. “L’Unione europea non è solo un’unione economica, ma anche politica”, nella quale rientra lo sviluppo della politica di sicurezza e difesa, ricorda l’Alto rappresentante, come con la Bussola strategica.
Non di poco conto per l’Alto rappresentante è che l’Unione non è così compatta sulle reazioni a Trump. E il dibattito tra eurodeputati gli dà piena ragione.
“Il risultato delle elezioni americani non ci ha detto nulla di nuovo”, esordisce l’eurodeputato Andrzej Halicki del Ppe, confermando le richieste dei cittadini sulla sicurezza, speculari anche in Ue. Il polacco prosegue ricordando l’importanza di una maggiore autonomia europea nell’ambito della difesa, che, come anche detto da Borrell, richiede maggiori investimenti. Halicki strizza l’occhio al progetto (nazionalista) “Scudo orientale” del suo Governo, che secondo lui andrebbe sostenuto e tenuto in considerazione per rafforzare le frontiere.
Alla moderazione del Ppe, si affianca l’entusiasmo dei Patrioti per l’Europa. “L’Unione Europea deve trarre lezione e deve occuparsi delle nazioni che la compongono, commenta Jordan Bardella di PfE, comparando il nazionalismo trumpiano alla democratica Europa. Deve anche deve puntare sul non restare indietro economicamente, più di quanto già non lo sia, semplificando e aiutando le proprie industrie. Conclude con un avvertimento: “Svegliamoci oppure rischiamo di scomparire“.
Non di diverso avviso, con meno contentezza, è la presidente del gruppo Renew, Valerie Hayer. Per l’Ue sarà importante difendere i propri interessi, uscire dall’attendismo e tutelarsi, soprattutto con un’Ucraina sempre più in bilico. “La posta in gioco è la nostra sicurezza“, aggiunge Hayer, su cui mancano investimenti e il mercato è troppo frammentato. Non solo, l’Ue deve pensare alla propria competitività e all’innovazione, come riguardo all’intelligenza artificiale su cui ancora arranca.
Si mostra sicuro Nicola Procaccini di Ecr: “Il risultato delle elezioni americane non cambierà il rapporto tra Ue e Usa“. Fiducioso che le relazioni tra le due sponde dell’Atlantico resteranno d’acciaio, anche se queste elezioni “hanno fatto scoppiare la bolla di Bruxelles“. Procaccini si riferisce alla sinistra europea (sulla cui frustrazione gongola un po’), che, secondo lui, non ha capito gli elettori e quello che veramente vogliono. Torna anche con Ecr il discorso sulla difesa e sulla necessità di rafforzarsi anche in seno alla Nato, ma, nel suo caso, con un sorriso sulla faccia.
Decisamente poco sorridenti, al contrario, le parole dell’eurodeputato Yannis Maniatis di S&d. “L’Ue deve diventare strategicamente autonoma” dagli Usa, dal momento che il primo mandato ha dato una chiara impressione di come Trump si rapporta alle relazioni internazionali. No multilateralismo, poco diritto internazionale e la transizione verde che potrebbe andare in fumo, secondo Maniatis. Dall’Ue ora deve arrivare la spinta per essere indipendente ed autonoma davvero, visto che la posta in gioco è alta.
“Gli Usa […] saranno governati da un antidemocratico professato“, dice Martin Schirdewan di La Sinistra. Critico nei confronti del duo Musk-Trump (a ragion veduta), riguardo a cui parla di un’oligarchia, soprattutto con i rischi derivanti dalle fake news che vengono diffuse. Batte anche lui sul punto della difesa e sui rischi per l’industria, che deve essere “pronta per il futuro”.
Ad un’Unione europea più forte si appella Terry Reintke dei Verdi/Ale. Non si congratula con chi “farà danni nel mondo e all’Ue”, di cui l’estrema destra non sembra rendersi conto. Reintke chiede investimenti per “l’indipendenza europea dagli autocrati“, che siano Trump o Putin, con molta concentrazione sugli obiettivi globali europei, come quelli sul cambiamento climatico.
Riassume bene il puzzle europeo Borrell nelle sue parole: “Questa situazione non è la fine del mondo ma è sicuramente l’inizio di un mondo diverso“. La domanda, di cui la risposta potrebbe scottare, è se l’Unione Europea sarà davvero capace di farne parte.