Bruxelles – La legge Ue sulla deforestazione è a un bivio decisivo. Ma c’è di più: il voto di domani (14 novembre) all’Eurocamera non stabilirà solo se la stretta sui prodotti derivanti dallo sfruttamento eccessivo delle foreste verrà ritardata di un anno o più, ma è un banco di prova per la tenuta del Green Deal nella nuova legislatura europea. Molto dipende dal Partito Popolare Europeo (Ppe), che ha proposto diversi emendamenti per annacquare il testo e che – se non farà un passo indietro – rivelerà l’esistenza di una maggioranza a destra capace di prendere a picconate qualsiasi procedimento relativo alla transizione verde. Con la complicità della stessa Ursula von der Leyen.
I numeri per una maggioranza alternativa a quella europeista ci sono, già rinominata ‘maggioranza Venezuela’, dal voto di settembre sulla risoluzione di condanna al regime di Maduro sostenuta da Ppe, Conservatori, Patrioti e Sovranisti. Ora però, in gioco c’è il marchio di fabbrica della prima Commissione von der Leyen, quel Green Deal voluto fortemente proprio dalla leader del Ppe. Il punto è che, riaprendo il dibattito su un regolamento già in vigore dall’estate 2023, la leader Ue rischia ora di scoperchiare il vaso di pandora.
Ad ottobre, la Commissione europea ha proposto di ritardare di un anno l’applicazione della legge sulla deforestazione – ormai dietro l’angolo, prevista per il 30 dicembre 2024 -, cedendo alle pressioni provenienti dall’ala sempre più folta della destra europea, capitanata dal partito della stessa presidente. Nello specifico, il provvedimento denominato Eudr (Regulation on Deforestation-free products), dovrebbe impedire l’ingresso nel mercato unico di prodotti che derivino dallo sfruttamento eccessivo delle aree boschive, imponendo alle imprese un maggiore controllo della propria catena di approvvigionamento.
Una stretta che riguarda in particolare l’olio di palma, il legno, la carne bovina e la gomma, ma anche diversi materiali associati, come la pelle, il cioccolato, i mobili, la carta stampata e il carbone. Secondo la Fao, negli ultimi trent’anni sono andati in fumo oltre 420 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione. E con il suo consumo, l’Ue è responsabile di circa il 10 per cento della deforestazione mondiale.
Incassato il sì degli Stati membri su un rinvio ritenuto ragionevole per permettere ai partner internazionali e alle aziende europee di adeguarsi alle nuove disposizioni, la palla è tornata nuovamente all’Eurocamera. Presa immediatamente al balzo dal Ppe, che ha proposto 15 ulteriori emendamenti all’Eudr. Emendamenti che tradiscono la promessa della Commissione di “non voler toccare la sostanza” del regolamento, ribadita ancora ieri da un portavoce di Bruxelles.
I popolari vogliono innanzitutto un anno in più di tempo, quindi un rinvio di due anni rispetto alla data originaria del 30 dicembre 2024. Negli altri emendamenti, il succo è la richiesta di escludere i commercianti da quasi tutti gli obblighi di controllo della catena di approvvigionamento e l’introduzione di una quarta categoria di Paesi – a fianco a quelli a basso, medio e alto rischio – di Stati “senza rischio”. Paesi da cui i prodotti potrebbero continuare a entrare nel mercato unico senza nuove garanzie relative al rischio di deforestazione.
Se passasse anche solo uno degli emendamenti, a quel punto si riaprirebbero un’altra volta le trattative interistituzionali con la Commissione europea e il Consiglio dell’Ue. Con l’esecutivo che avrebbe la facoltà di ritirare in qualsiasi momento la propria proposta di modifica al regolamento. Sempre che non manchi la volontà, perché in tal caso salterebbe anche il rinvio di un solo anno.
Il Ppe sostiene di “non voler uccidere la legge sulla deforestazione”, che rappresenta però “un mostro burocratico che rischia di sovraccaricare gli agricoltori, le aziende e i partner commerciali dell’Ue con un’eccessiva burocrazia”. Ma l’allarme nella maggioranza europeista è forte, a maggior ragione nel bel mezzo delle tensioni in corso per la conferma dei commissari europei designati da von der Leyen. In un comunicato, il gruppo dei socialdemocratici (S&d) ha dichiarato – pur “riconoscendo la necessità del rinvio di un anno” – di “opporsi fermamente” agli emendamenti del Ppe che cercano di “annacquare” le disposizioni dell’Eudr. “Se queste modifiche dovessero passare, chiediamo a Ursula von der Leyen di ritirare completamente la proposta di rinvio”, è l’appello dei socialisti.
Dello stesso avviso i Verdi, che a luglio hanno supportato la rielezione di von der Leyen previa garanzia di nessun passo indietro sul Green Deal. Secondo il gruppo ecologista, la mossa del Ppe è “un campanello d’allarme di quello che potrebbe succedere nei prossimi anni se rimettiamo in discussione i testi del Green Deal”. Alle critiche degli alleati di maggioranza, ha risposto tronfio il vicepresidente del Ppe, Jeroen Lenaers, dall’emiciclo di Bruxelles: “I nostri emendamenti migliorano la legge, non votateli se non vi piacciono”, ha dichiarato, forte dei numeri che permetterebbero al Ppe di far approvare gli emendamenti con l’appoggio scontato dei tre gruppi di estrema destra.
Se a sinistra e a destra dei popolari il comportamento nel voto di domani è stato già esplicitato o è largamente prevedibile – a eccezione dei liberali, che sugli emendamenti targati Ppe potrebbero spaccarsi -, la vera incognita sono proprio i 188 eurodeputati dei popolari. Perché funzioni la ‘maggioranza Venezuela’, i popolari non possono permettersi tanti franchi tiratori all’interno del gruppo. E non tutte le delegazioni nazionali, compresa quella di Forza Italia, potrebbero voler sostenere tutti gli emendamenti proposti dal proprio gruppo.
Nel frattempo, in vista del voto sono intervenuti a difesa della legge diverse organizzazioni internazionali e grandi consorzi industriali. Dal Wwf a Greenpeace, ma anche Ferrero, Nestlé, Unilever. La Coalizione del Cacao, che comprende la multinazionale di Alba e altri colossi del settore, “prende atto della Commissione di ritardare l’attuazione di dodici mesi” dell’Eudr e chiede che “venga adottata il più rapidamente possibile, senza modifiche, per dare alle aziende la massima certezza sul calendario rivisto”. Ancora, la Coalizione del Cacao si è detta “fermamente contraria a riaprire i negoziati sul contenuto” della legge.
Nelle ultime ore prima del voto, previsto per domani intorno alle 11:00, i gruppi sono alla ricerca di un accordo last-minute. E non è da escludere nemmeno che, alla fine, decidano di rinviare il voto sul rinvio.