Bruxelles – Sull’acqua l’Europa proprio non c’è. Le direttiva adottate nel corso del tempo restano lettera morta, e così facendo l’Ue resta un territorio fragile, vulnerabile, e povero. Il Parlamento europeo fa i calcoli: la mancata attuazione delle direttive sulla gestione delle risorse idriche pesa almeno venti miliardi di Euro l’anno. Il caso forse più emblematico dei ritardi si hanno con la direttiva quadro sulle acque del 2000. Questa fissa degli obiettivi da raggiungere entro il 2015, e a cinque mesi della fine dei tempi che ci si è dati si è ancora lontani dagli obiettivi. La direttiva chiede di raggiungere un buono status ecologico dei fiumi europei, ma allo stato attuale – rileva un’analisi del Parlamento europeo – il 50% della superficie acquatica dell’Ue è di status ecologico “povero”, e lo status chimico di tali acque è al 40% “sconosciuto”. Poca cura, poco lavoro, con il risultato certamente poco invidiabile di non aver centrato gli obiettivi e di gettare ogni anno quasi tre miliardi di Euro. Se la direttiva fosse attuata correttamente e si garantisse uno status ecologico buono in tutto il territorio dell’Ue, l’Ue avrebbe benefici per 2,8 miliardi di Euro l’anno, e non è che una stima prudenziale.
Alla citata direttiva del 2000, va considerata la direttiva per la gestione dei rischi di alluvioni del 2007. Questa direttiva intende gestire il problema del dissesto idrogeologico, garantire la messa in sicurezza del territorio e ridurre i rischi di inondazioni ed esondazioni. Anche qui i conti non tornano, e gli impegni ancor meno. Il Parlamento Ue pone l’accento su “misure più forti e più specifiche” per il restauro della golena (lo spazio tra la riva di un corso d’acqua e il suo argine, ndr) previsto nel quadro sulle acque e delle direttive inondazioni. Misure mancanti che se poste in essere “potrebbero offrire benefici potenziali di almeno 15 miliardi di euro all’anno”.
Che dire poi della “direttiva ecodesign” del 2005 sui prodotti che consumano energia e acqua? La modifica normativa per rendere più efficienti e rubinetti e soffioni doccia potrebbe portare benefici quantificati in almento 1,2 miliardi di Euro l’anno, ed evitare il consumo di 3,7 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno. Ma il fatto che venga sottolineato questo aspetto vuol dire che ancora non ci siamo. L’Ue deve ridurri i consumi di acqua casalinga, ma ai ritardi di attuazione delle norme c’è un problema culturale. Attualmente, in media, ogni cittadino europeo consuma tra i 100 e i 200 litri d’acqua al giorno. Di questo il 10-15% (10-20 litri) per bere e cucinare, il 20-25% (25-50 litri per l’igiene), il 30% (30-50 litri) per i dispositivi di lavaggio (lavatrice e lavastoviglie) e il 30% (50-80 litri) per la doccia. Solo applicando “pienamente” i regolamenti per lavastoviglie e lavatrici l’Ue potrebbe avere un risparmio dei consumi fino a, rispettivamente, 64 milioni di metri cubi d’acqua l’anno e 83 milioni di metri cubi d’acqua l’anno, per benefici economici quantificati in 444 milioni di Euro l’anno. Ma non finisce qui. Il Parlamento europeo rileva che c’è ancora molto da fare per quanto riguarda i meccanismi e i dispositivi di dosaggio dell’acqua. Ciò si tradurrebbe nel taglio almeno il 25% dei consumi domestici, con risparmi annuali in bolletta di almeno 200 milioni di Euro, senza contare la riduzione di 4,7 milioni di metri cubi di acqua attualmente sprecata. Questi sono i numeri della non-Ue dell’acqua, sui i Paesi membri sono chiamati a darsi da fare.