Bruxelles – Al secondo giorno delle audizioni parlamentari dei commissari Ue designati, arriva il primo grattacapo per l’esecutivo in via di definizione: la svedese Jessica Roswall, responsabile per l’Ambiente, Resilienza idrica ed Economia circolare, non ha convinto gli eurodeputati della commissione Ambiente (Envi) dell’Eurocamera, che si sono presi altro tempo prima di decidere. Tutti gli altri – nove su dieci – procedono spediti verso il voto finale all’intero gabinetto von der Leyen. Con l’endorsement compatto della maggioranza europeista e dei conservatori di Ecr, che dopo aver bocciato la leader a luglio sta sostenendo le nomine dei suoi commissari.
La giornata di ieri (5 novembre) è cominciata con le audizioni del liberale irlandese Michael McGrath, commissario designato per la Democrazia, la Giustizia e lo Stato di diritto, e della popolare bulgara Ekaterina Zaharieva, candidata alla Ricerca e l’Innovazione. Entrambi promossi dai due terzi dei coordinatori dei gruppi politici delle commissioni competenti. Più complicato il resto della giornata, quando si sono presentati di fronte alle commissioni parlamentari competenti – oltre a Roswall – la popolare croata Dubravka Šuica, a cui è stato affidato il nuovo portafoglio per il Mediterraneo, il socialista danese Dan Jørgensen, designato all’Energia e alla Casa, e l’austriaco Magnus Brunner, responsabile per gli Affari interni e la Migrazione.
Šuica, attuale vicepresidente della Commissione europea, ha ricevuto l’endorsement di tutti i gruppi con l’eccezione della Sinistra europea e dei sovranisti di Patrioti per l’Europa. A testimonianza del fatto che l’incarico sul Mediterraneo istituito da von der Leyen abbia confini ancora fumosi, durante l’audizione la commissaria designata si è permessa un’incursione in un’area difficilmente di sua competenza: “Non possiamo sospendere l’accordo di associazione con Israele per il momento, perché è l’unica base su cui possiamo continuare a cooperare con Israele, e senza di esso non c’è soluzione a due Stati”, ha dichiarato.
È stata poi la volta dei tre portafogli più pesanti della giornata. Jørgensen ha fatto i salti mortali in particolare sull’energia nucleare, lui che a Copenaghen non ne è mai stato un sostenitore: “È e farà sempre parte del mix energetico e fa parte della soluzione per la decarbonizzazione”, ha dichiarato, aggiungendo che “non possiamo raggiungere i nostri obiettivi in Europa senza il nucleare”. Il socialdemocratico danese si è detto “favorevole all’idea di avere un nuovo target per le rinnovabili”, perché “non riusciremo il 90 per cento” di riduzione delle emissioni al 2040 “senza un massiccio di dispiegamento delle energie rinnovabili”. E sulla direttiva case green, invisa in particolare all’Italia, Jørgensen ha escluso ripensamenti, ma ha sottolineato che il rinnovamento degli edifici residenziali non può gravare sulle spalle dei cittadini. “Già oggi più di 100 miliardi di euro sono stati forniti a questo specifico sforzo e non escludo che possa essere allocato di più in questa direzione”, ha dichiarato.
L’ex ministro danese è stato promosso a larga maggioranza dai coordinatori delle commissioni energia e industria (Itre) e occupazione e affari sociali (Empl) dell’Eurocamera. Contro di lui, soltanto i Patrioti e il coordinatore della Sinistra in Itre. Mentre il gruppo di estrema destra Europa delle Nazioni Sovrane non si è presentato alla riunione a margine dell’audizione.
Chi poteva essere messo sulla graticola – ed è riuscito ad evitarla – è il popolare Magnus Brunner, il ministro delle Finanze austriaco scelto da von der Leyen per ricoprire il delicato incarico agli Affari interni e Migrazione. Nei confronti di un commissario designato che ha confermato l’apertura agli hub esterni per i rimpatri ed ha sostenuto che “in termini di disposizioni europee non c’è nulla che impedisca” il finanziamento Ue alla costruzioni di muri alle frontiere, ci si poteva aspettare una spaccatura nella maggioranza europeista che ha sostenuto la rielezione di von der Leyen alla guida della Commissione europea. Invece Brunner, criticato apertamente solo dalla Sinistra europea, ha conquistato i due terzi dei voti necessari in commissione Libertà civili (Libe): a favore della sua nomina popolari, socialdemocratici, liberali e i conservatori di Ecr, mentre i Verdi avevano richiesto domande aggiuntive per il candidato.
Domande aggiuntive a cui dovrà verosimilmente rispondere un’altra candidata del Partito popolare europeo, Jessica Roswall. L’ex ministra svedese per gli Affari esteri è stata ritenuta da molti eurodeputati non sufficientemente preparata e competente per svolgere il ruolo di commissaria all’Ambiente. Nelle tre ore in cui è stata messa sotto torchio dagli eurodeputati della commissione Envi, Roswall si è mostrata vaga sulle iniziative che intraprenderà nel suo mandato e sulle tempistiche previste.
A margine dell’audizione, il presidente di Envi, Antonio Decaro, ha minimizzato gli inciampi di Roswall: “Ha risposto a tutte le domande, non è semplice affrontare un’audizione con tanti eurodeputati che pongono diverse domande per attestare la vicinanza o la distanza del candidato al proprio gruppo politico”, ha dichiarato l’eurodeputato dem, aggiungendo che “le valutazioni saranno fatte nelle prossime ore”. I coordinatori dei gruppi, dopo essersi riuniti in serata, hanno constatato l’assenza della maggioranza dei due terzi necessaria per la conferma della nomina ed hanno deciso di posticipare il voto ad oggi. Date le riserve, per Roswell si prospetta lo scenario di ulteriori domande in forma scritta a cui dover rispondere.
A questo primo intoppo potrebbero seguirne di nuovi oggi, quando sarà il turno della liberale belga Hadja Lahbib, designata alla Gestione delle crisi, e in particolare del sovranista ungherese Olivér Várhelyi, candidato per la Salute e il Benessere animale. Insieme a loro, gli altri in scena oggi sono tutti espressione del Ppe: la portoghese Maria Luís Albuquerque, il cipriota Costas Kadis, il ceco Jozef Síkela e il lituano Andrius Kubilius.