Bruxelles – L’Unione europea è sempre più intollerante. Non solo l’impennata di episodi di antisemitismo dopo il 7 ottobre 2023, ma anche il più lento e graduale aumento dell’islamofobia: secondo l’Agenzia Ue per i diritti fondamentali (Fra) oggi un musulmano su due nell’Ue è vittima di “razzismo e discriminazione nella vita quotidiana”.
Un aumento sensibile rispetto all’ultima indagine del 2016: le persone di religione musulmana che subiscono discriminazioni razziali sono passate dal 39 per cento al 47 per cento. Potenzialmente, parliamo di oltre 13 milioni di persone: i musulmani rappresentano il secondo gruppo religioso dell’Ue, secondo il Pew Research Center nel 2016 erano 26 milioni di persone. L’Agenzia Ue ha intervistato – tra l’ottobre 2021 e l’ottobre 2022 – 9.604 musulmani in 13 Paesi dell’Ue: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svezia.
Il rapporto rivela profonde differenze nei 13 Stati membri presi in considerazione: l’Austria è il Paese più islamofobico – qui il 71 per cento dei musulmani sono presi di mira -, seguita da Germania e Finlandia. Mentre il tasso di discriminazioni razziali scende in modo ripido in Spagna e Italia, i Paesi con i livelli più bassi. In generale, i più colpiti sono i giovani musulmani e le donne che indossano abiti religiosi. Nel comportamento islamofobo dei cittadini Ue, si intrecciano elementi che non riguardano solo la religione, ma anche il colore della pelle e il background etnico o di immigrati della popolazione musulmana europea. “Un fenomeno alimentato dai conflitti in Medio Oriente e aggravato dalla disumanizzante retorica anti-musulmana che vediamo in tutto il continente”, ha commentato la direttrice dell’Agenzia Ue, Sirpa Rautio.
L’islamofobia si manifesta soprattutto nel lavoro e nel diritto alla casa. Secondo l’indagine, il 39 per cento dei musulmani subisce discriminazioni quando cerca lavoro e il 35 per cento sul posto di lavoro, in aumento rispetto al 31 per cento e al 23 per cento del 2016. Il dato cresce sensibilmente se si guarda solo alle donne che indossano abiti religiosi, che sono vittime di discriminazioni nella ricerca di lavoro nel 45 per cento dei casi. Inoltre, due musulmani su cinque – il 41 per cento – sono troppo qualificate per il loro lavoro, rispetto al 22 per cento dei cittadini Ue in generale.
Le stesse difficoltà si riscontrano nella ricerca di una casa: un terzo degli intervistati ha dichiarato di non riuscire ad acquistare o affittare un appartamento a causa del proprio credo religioso. Nell’ultima indagine, relativa al 2016, erano il 22 per cento. L’Agenzia per i diritti ha riscontrato un gap allarmante per quanto riguarda l’istruzione: i musulmani hanno il triplo delle probabilità di abbandonare la scuola prima del tempo, rispetto alla popolazione generale dell’Ue (30 per cento rispetto al 9,6 per cento). Tutto questo alimenta il rischio di povertà, con il 31 per cento delle famiglie musulmane intervistate che fatica ad arrivare a fine mese, rispetto al 19 per cento di tutte le famiglie europee.
Per chiudere il quadro dipinto dall’Agenzia Ue, quasi un musulmano su tre (il 27 per cento) subisce molestie razziali e la metà di chi è stato fermato dalla polizia nell’anno precedente l’indagine ritiene di essere stato vittima di una profilazione razziale.
Nel settembre 2020, Ursula von der Leyen ha lanciato il piano d’azione Ue per l’antirazzismo, annunciando al Parlamento europeo che fosse arrivato “il momento di cambiare, di costruire un’Unione veramente antirazzista, un’Unione che dalla condanna passi all’azione”. L’Agenzia Ue per i diritti fondamentali insiste che tale piano venga rinnovato oltre il 2025 e che includa “azione specifiche per contrastare il razzismo anti-musulmano”.