Bruxelles – Continua il botta e risposta tra Budapest e Ilaria Salis. Il giorno dopo la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare da parte dei giudici ungheresi, l’eurodeputata di Avs ha convocato una conferenza stampa per raccontare la sua versione dei fatti e denunciare la selvaggia campagna di diffamazione messa in atto dal governo di Viktor Orbán, dal suo partito Fidesz e da diversi partiti nazionali del gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo, allo scopo di “impedirle di svolgere il proprio mandato”.
Salis ha prima di tutto ribadito la propria innocenza: “Non ci sono prove contro di me e non sono stata riconosciuta tra gli aggressori né dalle vittime né dai testimoni”, ha sottolineato la trentanovenne attivista, che l’11 febbraio 2023 venne arrestata a Budapest, dove si trovava per partecipare ad una manifestazione antifascista contro la Giornata dell’Onore, un raduno neo-nazista “sostenuto e finanziato” dal governo ungherese. Salis è accusata di aver picchiato violentemente alcuni militanti di estrema destra ungheresi: “accuse arbitrarie”, ha denunciato l’eurodeputata, che è in seguito stata trattenuta in carcere a Budapest per 15 mesi in “condizioni disumane e degradanti”.
La polizia ungherese l’avrebbe “sottoposta a ripetuti interrogatori che miravano ad estorcere confessioni”. La vicenda di Salis è balzata agli onori della cronaca a fine gennaio, quando fu condotta di fronte al giudice al guinzaglio e incatenata a mani e piedi. L’ondata di indignazione scatenata da quelle immagini ha convinto Alleanza Verdi e Sinistra a candidare Ilaria Salis alle elezioni europee di giugno, in cui è stata eletta con 178 mila preferenze, permettendole così di godere dell’immunità parlamentare e lasciare il carcere a Budapest. Dove rischia una pena fino a 24 anni.
Dopo la sua scarcerazione e il suo arrivo a Bruxelles, Salis è divenuta bersaglio di una pesante campagna di diffamazione. Durante la prima sessione plenaria di luglio, un deputato austriaco del gruppo dei Patrioti ha chiesto di “impedire che vengano portate armi in aula”, accusando Salis di “picchiare volentieri le persone con un martello”. Lo stesso Orbán, prima dal palco di Pontida insieme a Matteo Salvini e poi all’emiciclo di Strasburgo – in risposta ad una dura invettiva della stessa Salis – ha incolpato l’imputata di “aver picchiato con delle barre di ferro persone pacifiche per le strade di Budapest”. Ieri, dopo l’annuncio della richiesta della revoca dell’immunità, il portavoce del governo magiaro Zoltan Kovacs l’ha definita una “comune delinquente”.
Tutto questo, secondo Salis, “allo scopo di impedire che io possa svolgere il mandato” da eurodeputata. “Non è nemmeno terminato il primo grado di giudizio e sono già stata condannata dal governo ungherese, da Fidesz e da altri dei Patrioti”, ha sottolineato l’eurodeputata italiana, chiedendosi “come possono i giudici esaminare con la necessaria obiettività e serenità un imputato che è dipinto come un delinquente, come un nemico pubblico, come un ‘terrorista’, dal potere politico”.
Salis, il cui destino è ora nelle mani dei colleghi eurodeputati, si è augurata che il Parlamento europeo “non ceda di fronte alla prepotenza di un governo autoritario”. A fare la differenza, una volta valutata la richiesta di revoca da parte della commissione giuridica dell’Eurocamera, sarà il voto dell’emiciclo. In cui verosimilmente Salis potrà contare sull’appoggio del proprio gruppo politico (The Left), di Socialdemocratici, Verdi e Liberali. Mentre i tre gruppi di estrema destra – Conservatori e Riformisti europei, Patrioti per l’Europa ed Europa delle Nazioni Sovrane – difficilmente la sosterranno. Alla conta dei voti, l’ago della bilancia saranno i 188 eurodeputati del Partito Popolare europeo. E i 76 delle delegazioni dei partiti italiani. Sul supporto dei connazionali e sulla necessità di assicurarsi quello del centro destra europeo, Salis non si è sbilanciata, rispedendo al mittente le domande dei giornalisti.
Immunità parlamentare, quanto rischia Ilaria Salis
Da un punto di vista puramente giuridico, l’eurodeputata italiana rischia grosso. Perché il dispositivo dell’immunità parlamentare protegge il Parlamento e i suoi membri da “procedimenti penali relativi ad attività svolte nell’esercizio del mandato parlamentare e che non possono essere disgiunte da tale mandato”. Non proprio il caso di Salis, anche se le norme che regolano la revoca dell’immunità ammettono un’eccezione: “Qualora il procedimento non riguardi opinioni o voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari, l’immunità dovrebbe essere revocata a meno che non risulti che l’intenzione alla base del procedimento giudiziario sia quella di danneggiare l’attività politica di un deputato e di conseguenza l’indipendenza del Parlamento”.
Per altro, la commissione giuridica dell’Eurocamera a cui è stata deferita la richiesta di Budapest non esamina la colpevolezza o meno dell’eurodeputato né si esprime sulla pertinenza del procedimento giudiziario. Così come non è tenuta a entrare nel merito di presunte carenze dei sistemi giudiziari nazionali, che non possono essere usate per giustificare una decisione di non revocare l’immunità di un eurodeputato.
Ma il caso di Ilaria Salis si inscrive nel più ampio scontro politico in atto tra le forze europeiste del Parlamento europeo e Viktor Orbán. In primo luogo proprio sullo Stato di diritto: come ha ricordato la stessa Salis, l’Ungheria ” è stata ripetutamente richiamata e sanzionata dalle autorità europee per violazioni dello stato di diritto, riguardanti, tra le altre cose, l’indipendenza della magistratura e i diritti umani” e dal 2018 è sottoposta a una procedura per il rischio di violazione dei valori fondamentali dell’Unione.