Bruxelles – Le piccole e medie imprese (Pmi) europee si stanno impegnando per la transizione verde. Il 93 per cento di queste, secondo l’ultimo Eurobarometro, ha attuato almeno una misura di efficienza delle risorse, come “il risparmio energetico, la riduzione dei rifiuti e il riciclaggio”.
I risultati sono positivi, e fanno ben sperare, considerando che i 25.8 milioni di piccole e medie imprese in Ue impattano per ben il 63 per cento di tutte le emissioni di anidride carbonica delle aziende europee. Ciò non dipende dalla singola impresa. Parliamo di una media di 67 tonnellate di emissioni contro le 20.027 tonnellate di una grande azienda media, ma moltiplicando le emissioni della singola Pmi per i milioni di aziende, il risultato cresce esponenzialmente. Per altro in Ue, la maggior parte delle Pmi sono microimprese (per intenderci, con meno di dieci dipendenti) che sono anche le imprese con meno risorse per investire nel green.
Nel contesto della Strategia europea per le Pmi, annunciata a marzo 2020, gli obiettivi complessivi del Green Deal si rivolgono anche alle piccole aziende, come la transizione verde in cui l’Ue si è impegnata convintamente. Da qui, l’esigenza per la Direzione generale per il Mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le Pmi di capire a che punto sono le Pmi e dare alla Commissione degli strumenti concreti su cui lavorare.
Il sondaggio (flash) di Eurobarometro ha coinvolto aziende nei 27 Stati europei, insieme ad altri paesi europei e gli Usa. Dalle aziende, si cercavano risposte sulle azioni o investimenti intrapresi sull’efficienza energetica, sull’uso di energia rinnovabile, riguardo agli ostacoli rilevati nell’adozione di un approccio verde, e, di grande interesse per la Commissione, su cosa servisse alle Pmi per fare meglio.
I risultati complessivi sono incoraggianti. Il 93 per cento delle aziende si sta impegnando. Si preferisce agire sulla riduzione dei rifiuti e il risparmio energetico, seguiti dal risparmio dei materiali e dal riuso (grandi obiettivi Ue, vista anche la ‘direttiva anti spreco‘). Rilevato anche impegno e più propensione ad azioni sull’efficienza delle risorse, non in modo univoco, ma in aumento rispetto agli anni passati (in Italia, solo l’1 per cento delle Pmi non sta compiendo nessuna azione specifica).
Nel periodo dal 2015 al 2024, la percentuale di Pmi dell’Ue che utilizzano prevalentemente energie rinnovabili è più che raddoppiata (dall’11 per cento al 24), che denota un significativo, seppur piccolo, cambiamento. Meno allettanti gli investimenti green per i piccoli e medi industriali europei, con un 38 per cento di imprese che impiegano l’1 per cento del proprio fatturato in questo, e solo il 13 per cento che ne impiega (poco) di più.
Grande tasto dolente sono i processi amministrativi o legislativi. Le imprese europee hanno difficoltà a districarsi nella matassa di regolamenti e direttive quadro e li trovano di complessa attuazione (e anche costosi). Fetta di resistenza, quel 26 per cento di imprese che dichiara di non aver avuto “nessuna difficoltà”. All’Ue, le imprese chiedono “incentivi finanziari” che aiutino, soprattutto le imprese più reticenti a farlo, a sviluppare una gamma di prodotti o servizi verdi. Le imprese di 22 Stati membri chiedono anche aiuti per quanto riguarda l’identificazione di potenziali mercati e clienti, come anche supporto tecnico o consulenze.
In sostanza, l'”Eurobarometro green” sulle Pmi ci dice che le imprese si stanno dando da fare, ma mancano alcuni tasselli per ridurre davvero l’impatto sull’ambiente. La fatica a trovare risorse fa arrancare alcune di esse, ma anche la difficoltà a comprendere la legislazione in materia di transizione, per cui servirebbe semplificare, soprattutto a vantaggio delle microimprese. Se si vuole essere davvero Fit for 55, le piccole e medie imprese europee dovranno passare dall’essere “la spina dorsale delle emissioni” alla “spina dorsale della transizione”.