Bruxelles – Era il 9 dicembre 2021, quando la Commissione europea metteva sul tavolo la proposta per rafforzare i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali. A distanza di quasi tre anni, i quasi 30 milioni di ‘gig workers‘ europei possono tirare un sospiro di sollievo: la cosiddetta direttiva ‘rider’ diventerà legge. Questa mattina (14 ottobre) l’ultimo passaggio di un processo estenuante e non privo di polemiche, con il via libera definitivo degli Stati membri.
La direttiva renderà più trasparente l’uso degli algoritmi nella gestione delle risorse umane, garantendo che i sistemi automatizzati siano monitorati da personale qualificato e che i lavoratori abbiano il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Ma soprattutto, cercherà di arginare il fenomeno del lavoro autonomo fittizio, che secondo le stime Ue riguarda circa 5,5 milioni di lavoratori. Su questo punto, nell’arco dello scorso anno si è consumato un acceso scontro tra l’Eurocamera e i governi dei 27, che hanno boicottato diverse volte l’adozione delle nuove regole. Oggi i ministri Ue hanno votato tutti a favore della direttiva ad eccezione della Germania – da sempre contraria – che si è astenuta.
In origine, l’accordo del 13 dicembre 2023 tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue prevedeva l’istituzione di criteri armonizzati in tutta l’Ue che innescassero la presunzione di lavoro subordinato. Dei cinque indicatori scelti, per smascherare il lavoro autonomo fittizio sarebbe stata necessaria la copresenza di almeno due. Ma, a sorpresa, ben 12 Paesi membri hanno affossato la legge nella tappa dell’approvazione formale, costringendo la presidenza del Consiglio dell’Ue a formulare un nuovo compromesso e a ritornare in trattativa con un’Eurocamera furiosa.
Così la presidenza semestrale belga ha proposto di ammorbidire i vincoli per la presunzione di lavoro subordinato. Nel testo avallato l’8 febbraio scorso, si indicava che questo scatterà “quando ricorrano fatti indicanti controllo e direzione, secondo la normativa nazionale e i contratti collettivi vigenti“. Niente criteri armonizzati tra i Paesi membri, ma l’obbligo per i governi nazionali di “stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale”. Il compromesso manteneva invece intatto il principio dell’inversione dell’onere della prova, per cui sarebbe spettato ai datori di lavoro, alle piattaforme, dover raccogliere le prove per dimostrare che un lavoratore è veramente autonomo. Non il contrario, come è sempre stato.
Incredibilmente, solo una settimana più tardi anche questo secondo testo è saltato a giochi già fatti, nel momento dell’adozione formale in Consiglio, da una minoranza di blocco composta da Francia, Germania, Grecia ed Estonia. Infine, nell’ultima disponibile sul calendario della presidenza belga del Consiglio dell’Ue, l’11 marzo 2024, Parigi e Berlino sono rimaste isolate e la direttiva è stata finalmente approvata.
Con l’adozione formale di oggi, la direttiva sarà ora pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, lasciando agli Stati membri due anni di tempo per incorporare le disposizioni della direttiva nella loro legislazione nazionale. A quel punto, secondo le stime della Commissione europea, i lavoratori delle piattaforme digitali in Europa saranno già più di 40 milioni.
“Questo è uno dei giorni più importanti della mia vita. Non esagero”, commenta Elisabetta Gualmini, europarlamentare del Partito democratico e relatrice per il parlamento europeo della direttiva per i lavoratori delle piattaforme. “Dopo una battaglia di oltre due anni, dopo una lotta dura con i governi conservatori – spiega la parlamentare -, siamo riusciti a dare protezione sociale vincolante a più di 30 milioni di lavoratori delle piattaforme digitali. Il Consiglio europeo oggi ha firmato il testo finale e ora tocca ai 27 governi nazionali recepire le norme. Trasparenza sugli algoritmi, rispetto dei diritti dei lavoratori, supervisione umana sulle decisioni di assunzione e licenziamento. Questa è l’Europa vicina ai cittadini e alle categorie più vulnerabili. L’Europa che festeggiamo”.