Bruxelles – Una normativa di uno Stato membro che rifiuta di riconoscere e di annotare nell’atto di nascita di un cittadino il cambiamento di prenome e di identità di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro è contraria al diritto dell’Unione.
Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, per il caso di un cittadino britannico e romeno che si era visto rifiutare dalle autorità nazionali, di Bucarest il riconoscimento del cambio di genere e nome ottenuto in Gran Bretagna, prima della Brexit. “Il fatto che il Regno Unito non sia più uno Stato membro dell’Unione non pregiudica l’applicazione del diritto dell’Unione nel caso di specie”, sottolinea la Corte.
La Corte spiega, poi, che il rifiuto di uno Stato membro di riconoscere un cambiamento di identità di genere
legalmente acquisito in un altro Stato membro ostacola l’esercizio del diritto di libera circolazione e di
soggiorno. Il genere, come il prenome, è un elemento fondamentale dell’identità personale. La divergenza tra le identità “risultante da un siffatto diniego di riconoscimento crea difficoltà nel provare la propria identità
quotidiana, nonché seri inconvenienti professionali, amministrativi e privati”.
Infine, la Corte dichiara che un diniego di riconoscimento e “il fatto di costringere l’interessato ad avviare un
nuovo procedimento di cambiamento di identità di genere nello Stato membro d’origine, esponendolo al
rischio che il procedimento sfoci in un risultato diverso da quello adottato dalle autorità dello Stato membro che
hanno legalmente concesso tale cambiamento di prenome e di identità di genere, non sono giustificati”. In tale
contesto, essa ricorda altresì che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che gli Stati
sono tenuti a prevedere un procedimento chiaro e prevedibile di riconoscimento giuridico dell’identità di genere che consenta il cambiamento di sesso.
La sentenza, commenta Alessandro Zan, eurodeputato del Pd, “rappresenta un importante passo avanti per i diritti delle persone transgender e per la tutela del principio di libera circolazione all’interno dell’Ue. Conferma inoltre un principio fondamentale: i diritti acquisiti devono essere riconosciuti e rispettati in un paese dell’Unione Europea”.