Bruxelles – “L’impunità non può continuare, e giustizia dev’essere fatta”. Con queste parole Ewelina Dobrowolska, ministra della Giustizia lituana, ha comunicato lunedì (30 settembre) che Vilnius ha ufficialmente richiesto alla Corte penale internazionale di aprire un’indagine sul regime del presidente-padrone della Bielorussia, Alexander Lukashenko, tra i più fedeli alleati di Vladimir Putin.
I presunti crimini contro l’umanità per i quali la Lituania vorrebbe che l’uomo forte di Minsk rispondesse includono, tra gli altri, deportazioni forzate di massa (soprattutto di rifugiati africani e mediorientali, che le autorità bielorusse hanno spinto a più riprese verso i confini dell’Ue in quello che Bruxelles considera un atto di guerra ibrida), persecuzione degli oppositori politici e detenzione di questi ultimi in condizioni inumane e degradanti.
Dalle elezioni del 2020 (che la comunità internazionale ha bollato come irregolari) nella “Russia Bianca” si è assistito ad una recrudescenza della repressione contro il dissenso, con l’incarcerazione di migliaia di oppositori e attivisti e la fuga della figura simbolo dell’opposizione a Lukashenko, Sviatlana Tsikhanouskaya, che ora vive in esilio proprio a Vilnius. Secondo le stime della stessa Tsikhanouskaya, circa 300mila cittadini bielorussi hanno abbandonato il Paese negli ultimi quattro anni e oltre 60mila si trovano nella repubblica baltica.
La Corte, che ha sede all’Aia, conduce indagini nei confronti di singoli individui per verificare accuse di crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Sempre la Lituania era stata molto attiva nel sollecitare l’azione legale dell’istituzione nei confronti di Putin, per il quale è stato spiccato un mandato di cattura internazionale nel marzo 2023. Ora, Vilnius vorrebbe un mandato analogo per Lukashenko.
La Bielorussia non ha mai firmato lo Statuto di Roma del 1998 (con cui è stato definito il mandato della Corte) e dunque non è tecnicamente sotto la giurisdizione dell’istituzione, ma se il suo presidente dovesse mettere piede nel territorio di uno Stato che lo ha ratificato le autorità di quest’ultimo sarebbero tenute ad arrestarlo, nel caso in cui venisse effettivamente emesso un mandato di cattura internazionale.