Bruxelles – Comincia oggi (30 settembre) e durerà almeno due mesi il processo che vede alla sbarra 27 politici dell’estrema destra transalpina per presunta appropriazione indebita di fondi europei. Marine Le Pen e il padre, Jean-Marie, tra i nomi eccellenti chiamati a rispondere di un ammanco da capogiro: 6,8 milioni di euro messi dall’Eurocamera e finiti, dice l’accusa, nelle casse del Rassemblement national (Rn).
La vicenda giudiziaria che ha visto il Parlamento europeo costituirsi come parte civile e accusare il partito della stirpe Le Pen non è affatto nuova: risale al 2015, quando sono state avviate le prime indagini sull’eventualità che dei fondi erogati tra il 2004 e il 2016 dall’Aula di Strasburgo al Rn (che all’epoca si chiamava Front national) fossero stati utilizzati per scopi nazionali anziché europei. Le violazioni ipotizzate, formalizzate nel 2016 dalla procura di Parigi, vanno dall’appropriazione indebita di fondi pubblici alla complicità e all’occultamento. Già nel 2018, Marine Le Pen era stata condannata a risarcire l’Europarlamento di quasi 300mila euro per una questione riguardante la sua assistente parlamentare.
Sotto accusa, oggi, sono finiti alcuni dei vertici più in vista del Rn, membri della dirigenza attuale e passata: Marine Le Pen, storica leader della destra radicale francese, e suo padre Jean-Marie, controverso fondatore del partito, tanto per cominciare. Ma anche Nicolas Bay, ex segretario generale del Fn e più volte eurodeputato, rieletto a Strasburgo lo scorso giugno con Reconquête (il partito di Éric Zemmour, che si considera più “duro e puro” dei lepenisti) e ora fuoriuscito anche da lì, e Louis Aliot, ex compagno di Le Pen e primo sindaco in quota Rn in una città da oltre 100mila abitanti (a Perpignan, nel dipartimento dei Pirenei occidentali).
Se il processo dovesse portare ad una condanna definitiva, sarebbe un brutto colpo per la leader dell’estrema destra francese che ha nel mirino la corsa all’Eliseo del 2027 – per la quale, al momento, i sondaggi la danno in testa su altri possibili candidati, incluso l’attuale presidente della République Emmanuel Macron. Oltre all’incarcerazione fino a dieci anni e multe fino a un milione di euro, le pene comminate potrebbero infatti includere anche la sospensione dei diritti civili per un periodo di cinque anni, il che renderebbe ineleggibile chiunque la subisse e infrangerebbe i sogni di Le Pen di diventare la prima donna nel ruolo di capo di Stato della storia d’Oltralpe.