Bruxelles – L’obiettivo dell’Unione europea di raggiungere la neutralità carbonica al 2050 aiuterà la lotta al cambiamento climatico e, per arrivarci, servono varie misure, come quelle di diversificazione delle fonti di energia e di risparmio. Ma, proprio sul fronte dei tagli ai consumi, a ostacolare la realizzazione di misure ad hoc sono ragioni economiche.
È quanto emerge dal sondaggio Eurobarometro dedicato all’energia che, commissionato dalla Direzione generale dell’Energia della Commissione europea, è stato sviluppato con 26.415 interviste condotte tra il 25 aprile e il 22 maggio 2024 nei Paesi dell’Unione europea. In generale, il 40 per cento degli intervistati europei, rispondendo alla domanda su cosa significhi per loro una politica energetica europea, ha posto l’accento sul garantire prezzi energetici accessibili per i consumatori. E tale risposta, che si colloca ai primi tre posti in 25 Stati membri, ha riscosso in Italia il 44 per cento delle preferenze. A seguire, una strategia energetica dell’Ue significa ‘investire in tecnologie energetiche innovative’ per il 38 per cento degli italiani (33 per cento in Ue) e ‘ridurre il consumo energetico in Europa, ad esempio coibentando le abitazioni o rendendo i prodotti più efficienti dal punto di vista energetico’, indicato dal 36 degli intervistati italiani (30 per cento in Ue).
A detta delle persone coinvolte dal sondaggio, negli ultimi 5 anni l’Unione europea ha fornito un valore aggiunto ai Paesi membri (tale quesito prevedeva un massimo di 3 risposte, ndr) ‘supportando ulteriori investimenti nell’energia rinnovabile’ (per il 32 per cento degli italiani, media Ue al 35 per cento); ‘investendo in tecnologie energetiche innovative’ (32 per cento Italia, 27 per cento Ue); ‘agevolando la scelta di un fornitore di energia per i consumatori e il passaggio da un fornitore a un altro’ (28 per cento Italia, 24 per cento Ue); ‘garantendo prezzo dell’energia quanto più abbordabili possibile’ (26 per cento Italia, 25 per cento Ue); ‘investendo nell’infrastrutture energetica nei Paesi e tra di essi’ (26per cento Italia, 22 per cento Ue).
Più nello specifico, gli italiani applaudono l’obiettivo dell’Ue di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, dato che il 22 per cento (Ue 31 per cento) si dice molto d’accordo e il 63 per cento (Ue 50 per cento) piuttosto d’accordo con il fatto che ‘contribuirà alla lotta dell’Europa contro il cambiamento climatico e alla tutela dell’ambiente’. Mentre il 24 per cento è molto d’accordo e il 58 per cento piuttosto d’accordo con il fatto che ‘stimolerà la creazione di nuovi posti di lavoro e attirerà investimenti nei settori dell’energia pulita’ (Ue rispettivi 31 per cento e 48 v) e ‘incoraggerà i cittadini, le comunità e le aziende a partecipare alla transizione verso l’energia pulita’: in Italia il 23 per cento è molto d’accordo e il 57 per cento piuttosto d’accordo con tale affermazione, nell’Ue le percentuali sono al 30 per cento e al 49 per cento rispettivamente. Inoltre, secondo il 78 per cento degli italiani intervistati (24% molto d’accordo e 53 per cento piuttosto d’accordo – media Ue a 31 per cento e 45 per cento), l’obiettivo ‘ridurrà la dipendenza dalle importazioni di energia’ e per il 77 per cento ‘garantirà bollette dell’energia meno costose per famiglie e aziende’ (in Italia il 26 per cento è molto d’accordo e il 51 per cento piuttosto d’accordo con tale affermazione – media Ue a 32 per cento e 37 per cento).
Le misure da rendere prioritarie per raggiungere la neutralità climatica sono quelle ‘volte a diversificare le fonti di energia, ad esempio optando per idrogeno rinnovabile, biogas, pannelli solari’ (62 per cento sia in Italia che in Ue); quelle ‘volte a risparmiare energia laddove possibile’ (51 per cento Italia – 54 per cento Ue); quelle ‘volte a elettrificare, con elettricità proveniente da fonti rinnovabili o a basse emissioni di carbonio, tutti i possibili utilizzi dell’energia’ (46 per cento Italia – 40 per cento Ue). Mentre i Paesi dovrebbero promuovere, secondo gli intervistati, ‘misure di supporto per le famiglie in condizioni di povertà energetica’ (58 per cento Italia – 53 per cento Ue); ‘misure per ridurre il consumo energetico’ (53 per cento Italia – 50 per cento Ue) e ‘misure che agevolano la produzione e il consumo di energia rinnovabile da parte dei cittadini in quanto autoconsumatori o membri di una comunità di energia rinnovabile ’ (49 per cento Italia – 50 per cento Ue). Per aiutare le aziende, i modi migliori sono la promozione del risparmio energetico con incentivi (39 per cento Italia – 30 per cento Ue); il supporto all’innovazione nelle tecnologie pulite (26 per cento Italia – 35 per cento Ue) e il sostegno agli investimenti nel settore energetico (25 per cento Italia – 22 per cento Ue).
Gli italiani hanno dichiarato di aver modificato le loro abitudini per ridurre il consumo energetico nella loro vita quotidiana negli ultimi 5 anni. A casa lo ha fatto il 73 per cento (il 16 per cento molto e il 57 per cento abbastanza – 27 per cento e 50 per cento in Ue) e il 25 per cento poco o per niente. Per il trasporto, il 55 per cento (10 per cento molto e 45 per cento abbastanza – 18 per cento e 37 per cento in Ue), contro il 29 per cento che lo ha fato poco e il 15 per cento per nulla. Sul lavoro, la proporzione si abbassa al 43 per cento (8 per cento molto e 35 per cento abbastanza) mentre chi ha cambiato poco le proprie abitudini era al 23 per cento così come al 23 per cento era chi non ha mutato nulla (media Ue rispettivamente a 11 per cento molto, 30 per cento abbastanza, 19 per cento poco, 29 per cento per nulla).
Ed è proprio a questo punto che arrivano le note più dolenti. A quanto emerge dai dati, infatti, negli ultimi cinque anni, sono state adottate misure di riduzione dei consumi energetici nei luogo in cui si vive nel 45 per cento delle risposte italiane (nel 44 per cento di quelle della media Ue) e il motivo principale della non azione è quello economico (50 per cento italia – 37 per cento Ue). A seguire il fatto che la decisione spetta al proprietario della casa o ai comproprietari dell’edificio (20 per cento Italia – 36 per cento Ue). Nei casi in cui, invece, si sono fatti degli interventi, le azioni hanno riguardato la sostituzione della caldaia (58 per cento Italia – 27 per cento Ue); la coibentazione del tetto, delle pareti, delle finestre o dei pavimenti (34 per cento Italia – 49 per cento Ue); l’installazione di pannelli solari (31 per cento Italia – 22 per cento Ue); l’installazione di una pompa di calore (25 per cento Italia – 13 per cento Ue).
Infine, il 52 per cento degli italiani (55 per cento Ue) ha dichiarato di essere a conoscenza delle comunità di energia rinnovabile ma di non pensare di entrarne a far parte e di essere stato influenzato, negli ultimi cinque anni, dall’etichetta energetica europea: nel 54 per cento dei casi (50 per cento Ue) ha influenzato la scelta dell’elettrodomestico principalmente per risparmiare energia e denaro, mentre nel 20 per cento (18 per cento Ue) ha influenzato la scelta dell’elettrodomestico per selezionare un elettrodomestico più rispettoso dell’ambiente.
Guardando al futuro, l’Unione dovrebbe avere un ruolo di coordinamento più forte in materia di questioni energetiche per il 69 per cento degli italiani intervistati contro il 77 per cento della media Ue e in via prioritaria nei prossimi cinque anni dovrebbe affrontare il tema della riduzione dei consumi (34 per cento Italia – 27 per cento Ue); della diminuzione delle importazioni europee di energia e dell’aumento dell’indipendenza energetica europea (29 per cento Italia – 26 per cento Ue); dell’investimento in tecnologie energetiche innovative (29 per cento Italia – 25 per cento Ue) dell’aiuto ai consumatori ad accedere a prezzi dell’energia più abbordabili (28 per cento Italia – 30 per cento Ue).