Bruxelles – Rispetto al 2023, gli sbarchi di persone migranti sulle coste italiane sono più che dimezzati. Merito degli accordi che la Commissione europea – su impulso in primis dell’Italia – ha siglato con Egitto, Mauritania, ma soprattutto con la Tunisia. A un duro prezzo però, svelato ancora una volta da un’inchiesta del The Guardian: negli ultimi 18 mesi, le forze di sicurezza tunisine finanziate dall’Ue si stanno macchiando sistematicamente di crimini contro le persone migranti.
Secondo le testimonianze raccolte dal quotidiano britannico a Sfax, città portuale da cui salpano la maggior parte dei barconi diretti verso l’Europa, centinaia di donne migranti subsahariane sono state violentate dalle forze di sicurezza tunisine. “Nove su dieci – ha dichiarato la direttrice di un’organizzazione che fornisce assistenza medica a Sfax – delle donne africane migranti arrestate nei dintorni di Sfax hanno subito violenze sessuali o torture”. La Guardia Nazionale, come già ampiamente documentato da diversi media e ong nei mesi scorsi, continua a “derubare, picchiare e abbandonare” donne e bambini migranti nel deserto senza cibo né acqua. Dei veri e propri pushback, respingimenti illegali secondo il diritto internazionale.
Eppure, una parte consistente dei 105 milioni promessi da Ursula von der Leyen all’autoritario presidente Kais Saied per impedire ai migranti sub-sahariani di salpare per l’Europa – di cui 42 milioni sono già stati sborsati – sono dedicati proprio alla Guardia Nazionale. Come rendicontato in un documento interno di dicembre 2023, Bruxelles ha finanziato il refitting di navi, veicoli e altre attrezzature per la guardia costiera tunisina, oltre alla fornitura di nuove imbarcazioni, termocamere e altra assistenza operativa. Nel deserto al confine con la Libia, l’Ue ha previsto la “costruzione e l’equipaggiamento di un centro di comando e controllo per la guardia nazionale tunisina”.
Il pilastro dedicato alla migrazione della partnership strategica Ue-Tunisia (che in totale costerà oltre un miliardo all’Ue) promette come obiettivo di “combattere il traffico di essere umani”, e di farlo “nel rispetto dei diritti” dei migranti. La Commissione europea, sollecitata più volte su quest’ultimo punto, ha sempre assicurato che sono stati messi in piedi meccanismi di monitoraggio e che, in caso di violazioni degli standard Ue sui diritti umani, esistono i margini per bloccare i fondi. Ma l’inchiesta del The Guardian mette in luce ben altro.
I trafficanti di Sfax hanno raccontato di una corruzione “diffusa e sistematica” tra loro e la guardia nazionale. Lo schema è semplice: “La guardia nazionale organizza le imbarcazioni del Mediterraneo. Le guardano entrare in acqua, poi prendono la barca e il motore e li rivendono a noi”, ha spiegato un giovane scafista. E sul monitoraggio dei diritti umani, fonti autorevoli di Bruxelles avrebbero ammesso al The Guardian che l’Ue è “consapevole delle accuse di abusi” che coinvolgono le forze di sicurezza tunisine, ma sta “chiudendo un occhio” per perseguire il nuovo imperativo di esternalizzazione del confine meridionale dell’Europa in Africa. Secondo l’inchiesta, nonostante i report sulle violenze tunisine nei confronti dei migranti siano sul tavolo della Commissione europea, ci sarebbero piani “per inviare più denaro alla Tunisia di quanto pubblicamente ammesso”.
Con le motovedette fornite dall’Ue, la guardia nazionale marittima tunisina ha impedito a più di 50 mila persone di attraversare il Mediterraneo quest’anno. Sulla rotta che raggiunge le coste italiane, nei primi otto mesi dell’anno Frontex ha registrato 41 mila ingressi, il 64 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Ma l’altra faccia della medaglia, è che il numero di persone migranti stipate a El Amra, una città a nord di Sfax, continua a crescere. Sarebbero ormai oltre 100 mila, accerchiati dalle forze di polizia, a vivere in condizioni descritte come “orribili”.
All’enorme campo profughi di El Amra, l’ingresso è vietato a organizzazioni umanitarie, perfino all’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati. L’agenzia dell’Onu ha registrato 12 mila rifugiati o richiedenti asilo in Tunisia, ma i funzionari stessi ammettono che si tratta di una minima frazione del numero di persone migranti che vivono a El Amra. Se le autorità tunisine non permettono nemmeno all’Onu di entrare a El Amra, sembra inverosimile che Bruxelles sia in grado di monitorare gli standard con cui vengono trattati i richiedenti asilo.
Un dubbio che è sorto anche a Emily O’Reilly, Ombudsman dell’Unione europea, che il mese prossimo dovrebbe concludere l’indagine indipendente condotta sul Memorandum Ue-Tunisia. Un’indagine che ha preso le mosse da due gravi lacune dell’accordo stipulato da von der Leyen e Saied: la Commissione europea non ha svolto alcuna valutazione d’impatto sui diritti umani in Tunisia prima dell’annuncio del patto e si è ben guardata dal passare dalla supervisione del Parlamento europeo.