Bruxelles – C’è chi è contento e chi meno della composizione della prossima Commissione europea, presentata stamattina (17 settembre) dalla presidente Ursula von der Leyen a Strasburgo. Socialisti e liberali, partner di maggioranza dei Popolari, hanno ribadito che vigileranno sulle audizioni dei candidati, dicendosi parzialmente soddisfatti per le deleghe ottenute dai propri rappresentanti. Più critici i Verdi e la Sinistra, mentre i Conservatori nostrani erano in visibilio per il conferimento a Raffaele Fitto della tanto ambita vicepresidenza esecutiva (con deleghe alla Coesione e alle riforme).
In realtà, ancora prima che sulla composizione del nuovo Collegio, in molti hanno trovato da ridire sulla mossa della popolare tedesca che, invece di illustrare l’elenco dei candidati commissari alla Conferenza dei presidenti (l’organo dell’Eurocamera che riunisce i capigruppo e la presidente dell’Aula), si è limitata ad indicare in quella sede la suddivisione dei vari portafogli per poi svelare l’identità dei 26 membri del prossimo esecutivo comunitario di fronte ai giornalisti riuniti nella sala stampa dell’emiciclo. Una procedura che ha “suscitato rabbia tra i colleghi”, nelle parole piccate pronunciate a caldo dal co-capogruppo della Sinistra Martin Schirdewan, che parlando di un “deficit democratico” ha fatto eco all’omologa Manon Aubry la quale si è detta “sorpresa e arrabbiata” per il “disprezzo totale per il Parlamento europeo” dimostrato dalla presidente (ri)eletta.
Ma al di là di questa nota di colore, a tenere davvero banco è stato proprio quell’affaire Fitto che per settimane ha monopolizzato (o quasi) l’attenzione a Bruxelles. Da un lato, gli eurodeputati meloniani che fanno parte dei Conservatori e riformisti (Ecr) hanno cantato vittoria: “Esprimiamo grande soddisfazione per l’indicazione di Raffaele Fitto, mio predecessore come presidente del gruppo Ecr, come commissario europeo e vicepresidente esecutivo della Commissione europea“, ha dichiarato il co-capogruppo Nicola Procaccini, aggiungendo che questa nomina “ci inorgoglisce” perché “l’Italia non aveva un vice presidente (dell’esecutivo comunitario, ndr) nella scorsa legislatura”. “Questo vuol dire una grossa responsabilità e mi auguro che anche i colleghi di altre visioni politiche possano convergere nel sostenere una candidatura (…) che non è soltanto una candidatura conservatrice o di Fratelli d’Italia, è una candidatura italiana“, ha aggiunto il deputato di FdI.
Dall’altro lato, tutti i gruppi alla sinistra dei Popolari (Ppe) hanno espresso vari gradi di preoccupazione rispetto all’offerta di una vicepresidenza esecutiva (sulle sei totali) ad un esponente della destra radicale, che verrebbe in questo modo normalizzata. È stato lo stesso Procaccini, del resto, a sottolineare il nodo politico: “I vicepresidenti esecutivi sono espressione di forze politiche che non subiscono alcun cordone sanitario. Quindi vengono considerate assolutamente agibili sul piano politico, legittimate nella loro quotidianità dall’azione politica”, ha commentato, rivendicando che “noi abbiamo la nostra visione politica, ma non è una visione antieuropeista“.
Niente di nuovo, se si pensa ai flirt di von der Leyen con la premier italiana Giorgia Meloni durante la campagna elettorale per le europee dello scorso giugno. Ma abbastanza per scatenare i commenti delle forze politiche progressiste. Per Iratxe García Pérez, capogruppo dei socialdemocratici (S&D), la squadra presentata stamattina ha cristallizzato “dei temi per noi di fondamentale importanza” – come il clima e la transizione equa e verde, la concorrenza e i diritti sociali – ma ha anche diversi risvolti negativi. Come appunto “una vicepresidenza esecutiva in mano ad un commissario dell’Ecr”, che “non fa parte dei partiti che hanno sostenuto la nomina di von der Leyen”.
Un “problema politico“, nelle parole della leader spagnola, che meriterà “molta attenzione” da parte del suo gruppo al momento delle audizioni parlamentari, le quali potrebbero slittare all’inizio di novembre. Incalzata sull’eventualità di una collaborazione strutturale dell’Ecr con la maggioranza europeista, Pérez si è sfogata contro i cristiano-democratici: “Il cordone sanitario (contro l’estrema destra, ndr) funziona finché i gruppi lo fanno funzionare: finora ha funzionato con altri gruppi, evidentemente con l’Ecr non ha retto perché il Ppe non l’ha voluto applicare“. Insomma, la partita è rimandata all’autunno. Per il resto, i socialdemocratici si sono detti soddisfatti di essere rappresentati da quattro commissari su 27, di cui due vicepresidenti esecutive (la spagnola Teresa Ribera e la romena Roxana Mînzatu).
In termini di equilibrio politico è andata meglio ai liberali di Renew Europe, che nel secondo Collegio von der Leyen saranno rappresentati da cinque commissari di cui due vicepresidenti esecutivi (l’Alta rappresentante Kaja Kallas e Stéphane Séjourné, nominato proprio ieri come sostituto del dimissionario Thierry Breton). “Noi non cooperiamo coi populisti” di destra e di sinistra, ha scandito la capogruppo Valérie Hayer, sostenendo che in fase di audizione i candidati verranno “passati al setaccio” per valutarne “l’impegno europeo, l’indipendenza dagli Stati membri e il rispetto degli orientamenti” che hanno costituito la piattaforma politica cui von der Leyen deve la propria riconferma. “Deploro questa scelta politica”, ha poi dichiarato la deputata francese in merito alla nomina di Fitto come vicepresidente esecutivo, garantendo la “massima vigilanza” da parte di Renew.
Sulla vicepresidenza esecutiva a Fitto sono stati chiari anche i capigruppo dei Verdi: “Non ci ha sorpreso”, ha ammesso Terry Reintke, che ha lamentato un deciso spostamento a destra della maggioranza (di cui gli ecologisti si sentono parte, avendo supportato la rielezione di von der Leyen), criticando anche lei la cooptazione di Ecr. “Prepareremo molto bene le audizioni”, ha garantito, aggiungendo che “sarà complicato” raggiungere la soglia dei due terzi in sede di commissione parlamentare. Il suo gruppo nutre “molte riserve sulla sua candidatura” e auspica “una sorta di rimpasto con una redistribuzione dei portafogli” nel prossimo Collegio.
L’eurodeputata tedesca ha inoltre sottolineato che la nuova Commissione “non è equilibrata a livello di genere” (il rapporto donne-uomini è 40-60), ma si è detta soddisfatta che sia stata evitata “una compartimentazione del Green deal”, il quale parrebbe essere rimasto centrale in diversi portafogli. Il suo omologo Bas Eickhout le ha fatto eco promettendo che “il tema dei cambiamenti climatici non scomparirà” dall’agenda europea, per quanto “la crisi dei nostri sistemi naturali” non sia stata considerata a sufficienza nella relazione di Mario Draghi (che evidentemente, l’agenda dei prossimi anni, la influenzerà eccome). Per l’eurodeputato olandese, comunque, non va alimentata una falsa opposizione “tra Green deal e competitività perché sono due facce della stessa medaglia”.
Infine, a lamentarsi della “Commissione europea più destra nella storia” ci ha pensato la co-capogruppo della Sinistra, Aubry, che si è unita alle critiche per la prima volta di un vicepresidente esecutivo dell’Ecr: una scelta che “getta luce sull’orientamento politico” del prossimo Collegio, che secondo lei “si basa sul sostegno dell’estrema destra“. A detta di Schirdewan, quella di offrire una vicepresidenza esecutiva a Fitto è stata una “decisione strategica di von der Leyen” grazie alla quale la popolare tedesca “si è garantita il potere” per altri cinque anni, in un panorama politico dove l’interesse per l’occupazione e i diritti sarebbe stato sostituito da quello per la difesa – come illustrano le nomine di Andrius Kubilius e Kaja Kallas, due falchi baltici anti-russi, che preconizzano secondo il deputato tedesco un “inasprimento” della posizione dei Ventisette nei confronti di Mosca.