Bruxelles – Due anni fa, il brutale omicidio di una giovane donna da parte delle forze di polizia scatenò il più grande movimento di proteste da quando, nel 1979, l’ayatollah Khomeini trasformò la monarchia iraniana in un regime teocratico. Il 16 settembre 2022, “una data che rimarrà per sempre nell’infamia”, ha dichiarato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, che ha voluto aprire la sessione plenaria del Parlamento europeo omaggiando Mahsa Amini.
“Vorrei ribadire ora che il Parlamento europeo è orgoglioso di stare al fianco di quelle donne e uomini coraggiosi e ribelli che continuano a lottare per l’uguaglianza, la dignità e la libertà in Iran”, ha proseguito la leader Ue. La ventiduenne venne arrestata dalla polizia morale a Teheran per non aver indossato correttamente l’hijab e morì durante la custodia delle forze dell’ordine. Solo nei primi 200 giorni di proteste scatenate dopo la sua morte, secondo Iran Human Rights per mano delle forze di polizia sono rimasti uccisi almeno 537 manifestanti. Nel dicembre 2023, Il Parlamento europeo ha simbolicamente insignito Mahsa Amini con il Premio Sakharov per la libertà di pensiero.
“Oggi onoriamo l’eredità di Mahsa Amini, la nostra vincitrice del Premio Sakharov 2023, e di tutti coloro che hanno pagato il prezzo della libertà. Il Parlamento europeo ricorda qui oggi e sempre”, ha concluso il suo intervento Metsola. La repressione del movimento ‘Donne, vita, libertà’ da parte del regime del ‘macellaio di Teheran’ Ebrahim Raisi, il presidente iraniano rimasto vittima di un incidente in elicottero lo scorso maggio, “ha causato centinaia di morti, migliaia di detenzioni ingiuste e di danni, nonché gravi limitazioni alla libertà di opinione e di espressione e ad altre libertà civili”, ha ricordato in una nota l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell.
Il capo della diplomazia Ue ha puntato il dito contro le “sentenze sproporzionatamente dure, compresa la pena capitale, contro i manifestanti”. I responsabili della repressione sono stati mano a mano colpiti da dieci pacchetti di sanzioni europee, che – come ammesso dallo stesso Borrell lo scorso anno – non hanno sortito alcun effetto. Anzi, in Iran sono aumentate vertiginosamente le esecuzioni capitali e si è irrigidito il controllo sulla vita della popolazione civile, soprattutto sulle donne. “L’Ue coglie l’occasione per ribadire la sua forte e inequivocabile opposizione alla pena di morte in ogni momento, in ogni luogo e in ogni circostanza” e ricorda che, “secondo il diritto internazionale, il divieto di tortura è assoluto”, si legge nella nota.
Borrell ha chiesto al nuovo presidente iraniano, il riformista Masoud Pezeshkian, di “eliminare, nella legge e nella pratica, tutte le forme di discriminazione sistemica nei confronti di tutte le donne e le ragazze nella vita pubblica e privata e di adottare misure che rispondano alle esigenze di genere per prevenire e garantire la protezione di donne e ragazze contro la violenza sessuale e di genere in tutte le sue forme”.
Dal carcere di Teheran, è giunto in Occidente l’appello del premio Nobel per la pace, Narges Mohammadi, che in una lettera resa pubblica oggi ha supplicato l’Onu di accorrere in aiuto del popolo iraniano perché “due anni dopo Mahsa Amini nulla è più come prima”. Secondo l’attivista per i diritti umani “il popolo avverte il più grande cambiamento nelle sue convinzioni, nelle sue vite e nella sua società. Un cambiamento che, pur non avendo ancora rovesciato il regime della Repubblica Islamica, ha scosso le fondamenta della tirannia religiosa“. Ecco perché per le istituzioni internazionali non è più il momento di “osservare, ma di agire attivamente”.