Bruxelles – C’eravamo tanto amati, come il titolo del celebre film di Ettore Scola. C’era una volta, solo pochi mesi fa, prima delle elezioni europee di giugno, una love story politica tra i tre punti di riferimento del panorama sovranista in Europa: i due pesi massimi del partito dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), Giorgia Meloni e l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, e Viktor Orbán, il cui partito nazionale, Fidesz, era stato cacciato dai popolari e sembrava essere sul punto di trovare casa proprio tra le braccia dei due alleati. Ma dopo anni di ammiccamenti, sui rapporti con la Russia si è consumata la spaccatura più evidente tre le destre populiste europee. Un crepaccio tanto ampio da far dire a Ecr, sul proprio sito ufficiale, che l’Ungheria di Orbán è oggi “il cavallo di Troia russo alle porte dell’Ue”.
In un articolo pubblicato su The Conservative, il canale “multilingue del partito Ecr per le idee e i commenti del centro-destra”, il partito europeo guidato dalla premier italiana si scaglia senza troppi giri di parole contro Budapest, rea di mettere in pericolo le democrazie europee strizzando l’occhio alla Russia di Putin. L’accusa, che prende le mosse dall’ultima decisione di Orbán di semplificare le procedure per i visti per i cittadini russi e bielorussi: per i Conservatori il premier magiaro sta “lentamente lavorando, a piccoli passi”, allo scopo di “facilitare l’introduzione di spie sul territorio di uno Stato membro al fine di destabilizzare l’Unione Europea”.
All’indomani delle elezioni europee, quando si ipotizzava la creazione di un supergruppo di estrema destra all’Eurocamera, Orbán aveva declinato l’invito ad aderire a Ecr per il contemporaneo ingresso nel gruppo di Meloni dei cinque eurodeputati dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni, partito ultranazionalista e smaccatamente anti-ungherese. Nell’arco di poche settimane, il primo ministro ungherese ha dato vita ad un nuovo gruppo sovranista al Parlamento europeo, i Patrioti per l’Europa, inglobando di fatto il vecchio gruppo Identità e Democrazia e richiamando anche alcune compagini nazionali proprio da Ecr.
La creazione di ulteriore spazio politico a destra di Ecr, con i Patrioti di Orbán e poi anche l’Europa delle Nazioni Sovrane fondato dall’AfD tedesca, ha dato a Meloni un nuovo abito da leader di destra moderata, permettendo inoltre a Ecr di rimanere fuori dal ‘cordone sanitario‘ che popolari, socialdemocratici e liberali hanno applicato nei confronti dell’estrema destra. Una veste, quella della destra democratica ed europeista, che Ecr cavalca esplicitamente anche nell’articolo in questione: l’autore sottolinea la “consueta posizione anti-Ue” di Orbán, che con la sua visita a Mosca dopo aver assunto la presidenza del Consiglio dell’Ue ha voluto “creare l’impressione di una mancanza di unità tra gli Stati membri”.
Nel mors tua, vita mea con cui Ecr ha messo nel mirino Orbán per dimostrare alle istituzioni Ue di voler rientrare nell’arco europeista – “Pro Europe, Pro democracy, pro Ukraine”, questi i requisiti snocciolati a più riprese da Ursula von der Leyen per poter entrare nei palazzi del potere Ue – rimane qualche piccola contraddizione. Come la scelta del governo italiano, solo guarda caso proprio con l’Ungheria, di impedire all’Ucraina l’utilizzo delle proprie armi sul suolo russo.