Bruxelles – Tre mesi di monitoraggio iniziale, per poi riferire eventualmente a Roma cosa non va nei centri italiani per le persone migranti in territorio albanese previsti dall’accordo dello scorso novembre tra Giorgia Meloni e Edi Rama. L’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati (Unhcr) è stata invitata formalmente dal Viminale a vigilare sull’attuazione del Protocollo e a garantire “i diritti e la dignità di coloro che vi saranno soggetti”.
Sebbene non da dare per scontata, la presenza del personale dell’Unhcr negli hotspot dove vengono effettuate le richieste d’asilo e dove vengono trattenuti i migranti è una prassi consolidata, in linea con il mandato dell’Agenzia dell’Onu di supervisionare l’applicazione della Convenzione sui rifugiati del 1951 e di fornire protezione ai rifugiati.
L’Unhcr non ha partecipato ai negoziati tra Roma e Tirana per la stesura del Protocollo. Ma, dopo una serie di incontri in cui il governo italiano “ha fornito ulteriori informazioni” sulla sua attuazione e “ha ribadito il suo forte desiderio che esso sia in linea con il diritto e gli standard internazionali”, il ministero dell’Interno italiano ha inserito l’Agenzia della Nazioni Unite nel ruolo di “monitoraggio e consulenza” per una durata iniziale di tre mesi.
In questo periodo l’Unhcr “cercherà di migliorare la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, identificando e segnalando alle autorità competenti eventuali incongruenze con la legislazione internazionale sui diritti umani e sui rifugiati e con gli standard di buona pratica, e si adopererà per migliorare le garanzie di protezione”. Il protocollo ha suscitato numerosi dubbi e critiche ed un punto nevralgico riguarda il possibile rischio di esternalizzazione degli obblighi in materia di asilo, contrario al diritto internazionale. Sulla carta, non è questo il caso, perché i due centri di Shengjin per le procedure di sbarco e di identificazione e di Gjader per i rimpatri (Cpr) rimarranno sotto giurisdizione italiana. Ma rimane comunque “una novità” e “c’è bisogno di esserci”, confermano fonti dell’Unhcr.
In sostanza, prima dell’ingresso nei centri, le persone migranti sarebbero sottoposte a un primo screening già dopo le operazioni di salvataggio, per poi essere trasferite in una sorta di nave hotspot al porto di Shengjin. Il personale dell’Unhcr dovrà vigilare su ognuno di questi passaggi e al termine dei tre mesi “metterà a disposizione del governo italiano e degli altri attori interessati le proprie raccomandazioni”. Nella nota con cui ha annunciato il suo impegno, l’Unhcr ha evidenziato che per garantire l’indipendenza della sua funzione di monitoraggio non riceverà alcun fondo da Roma.
L’apertura di una prima parte del centro per i rimpatri di Gjader è per ora slittata al 20 agosto, mentre Tirana dovrebbe consegnare al Viminale le chiavi di quello Shengjin per il primo settembre. Ma anche dall’Unhcr fanno sapere che non c’è ancora una data precisa per l’inizio dell’incarico.