Bruxelles – Non è solo un cambio di narrativa, sul tema della migrazione è in corso una vera e propria revisione della politica dell’Unione in senso sempre più restrittivo. L’ultimo esempio paradigmatico è quello fornito dalla bozza di modifica della direttiva del 2002 sul favoreggiamento della migrazione irregolare, secondo la versione trapelata dalle stanze del Consiglio dell’Ue. Un testo che spinge sempre più forte sulla criminalizzazione delle persone che fanno ingresso, transitano o soggiornano in modo irregolare sul territorio dei 27 Paesi membri, ma anche di chi offre sostegno e solidarietà.
La presidenza di turno belga (conclusasi il 30 giugno) ha lasciato in eredità a quella ungherese una proposta di emendamenti particolarmente restrittivi non solo rispetto alla direttiva del 2002, ma anche alla revisione proposta il 28 novembre dello scorso anno dalla Commissione Europea. Se approvata nella sua prima formulazione risalente al 31 maggio, la posizione del Consiglio dell’Ue – uno dei due co-legislatori insieme al Parlamento Ue – andrebbe a escludere l’elemento dei “benefici finanziari” per identificare chi si macchia del reato di favoreggiamento della migrazione irregolare. In altre parole, chiunque sia sospettato di favorire l’ingresso, transito o soggiorno di persone migranti sul suolo Ue – anche senza alcun guadagno economico – potrà essere perseguito dalle autorità nazionali. “Dopo le riunioni precedenti e i commenti scritti, la presidenza [belga, ndr] ha capito che non c’era sostegno per l’inclusione del beneficio materiale e finanziario per le tre azioni“, si legge nel testo che dovrà essere ora negoziato dalla presidenza ungherese.
La specifica sul “beneficio materiale e finanziario” rimarrebbe solo come “elemento costitutivo dell’agevolazione del soggiorno illegale”, con sanzioni penali come già previsto dalla direttiva del 2002 (fino a un anno di reclusione). Per quanto riguarda invece il reato di favoreggiamento dell’ingresso e del transito irregolare, la proposta sul tavolo dei governi è di estendere le sanzioni penali anche nel caso in cui il soggetto ‘facilitatore’ non abbia ricevuto alcun tipo beneficio finanziario o materiale, che costituirebbe invece una “circostanza aggravante” (sanzionabile fino a tre anni di reclusione). “Questo testo va nella direzione di una maggiore, e non minore, criminalizzazione dei migranti e di coloro che li aiutano”, denuncia Marta Gionco, Senior Advocacy Officer della rete di Ong Picum: “Possiamo aspettarci che la posizione finale del Consiglio segua questa tendenza“.
Per cercare di smorzare l’inasprimento della criminalizzazione della migrazione e della solidarietà, la presidenza belga ha proposto due opzioni per esentare l’attività umanitaria. La prima definirebbe che “il reato non comprende le azioni umanitarie di assistenza ai cittadini di Paesi terzi o qualsiasi altra assistenza volta a soddisfare i loro bisogni umani fondamentali, al fine di preservare la loro dignità umana o integrità fisica e mentale“. La seconda opzione coinvolgerebbe esplicitamente gli Stati membri, che dovrebbero adottare “misure necessarie per garantire che la fornitura di assistenza umanitaria” per gli stessi scopi “non sia considerata reato”. Il rischio implicito, tuttavia, è per sottrazione. Cioè le autorità nazionali potrebbero restringere sempre più l’interpretazione di “bisogni umani fondamentali” sul campo e limitare così il margine di manovra per qualsiasi atto di solidarietà che va oltre il soddisfare bisogni come “cibo, igiene personale e un luogo dove stare” – come definito all’articolo 3 emendato – “in modo che la salute fisica o mentale non sia compromessa”, o che la persona non si trovi “in uno stato di degrado incompatibile con la dignità umana”.
Tutto ciò va letto anche nel contesto sempre più restrittivo con cui gli Stati membri vorrebbero definire il concetto di “familiari stretti”, ovvero “il coniuge o il partner non sposato impegnato in una relazione stabile, i genitori, i figli e i fratelli”. La presidenza belga ha aggiunto un emendamento per “tenere conto delle diverse circostanze particolari di dipendenza e della particolare attenzione da prestare all’interesse dei bambini”, anche se i “familiari stretti” sono inclusi nel principio di “non criminalizzazione” dell’assistenza ma solo “per soddisfare i bisogni umani fondamentali”. Rispetto invece alla proposta della Commissione Ue, al momento i Ventisette sembrano respingere nella loro riformulazione il reato di “istigazione pubblica di cittadini di Paesi terzi, ad esempio attraverso Internet, all’ingresso, al transito o al soggiorno irregolare nell’Unione”, per il rischio di utilizzo indiscriminato contro le organizzazioni della società civile che forniscono informazioni e servizi alle persone migranti sui loro diritti (come quello di richiedere l’asilo). Dovrà però essere fatta attenzione a come questo tema si intersecherà con il concetto di strumentalizzazione della migrazione e con le politiche sempre più restrittive dei Paesi membri alla frontiera supportate e finanziate da Bruxelles.