Bruxelles – Dopo le polemiche sullo slittamento dell’adozione a partita chiusa per i topjobs delle istituzioni Ue, la Commissione europea ha presentato oggi (24 luglio) il rapporto annuale sullo Stato di diritto. “Per garantire una maggiore visibilità”, tagliano corto a Bruxelles. Tra passi in avanti rispetto al 2023 e nuove raccomandazioni, nel taccuino delle democrazie acciaccate risultano Italia, Slovacchia e Ungheria. Ma non spiccano nemmeno Malta, Grecia, Bulgaria e Spagna. Mentre esce dal buco nero la nuova Polonia di Donald Tusk.
Per la prima volta, oltre alla tenuta dei principi democratici nei 27 Paesi membri, l’esecutivo Ue ha osservato la situazione dello stato di diritto anche in Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro, Albania, i quattro dei Balcani occidentali più avanti nel percorso verso l’adesione alle Ue. Secondo i calcoli della Commissione, i due terzi (68 per cento) delle raccomandazioni formulate nel 2023 sono state affrontate “in modo adeguato”, in tutto o in parte.
Uno scenario positivo a livello macro, che si intorpidisce avvicinandosi ad alcune capitali in cui “permangono preoccupazioni sistematiche” o dove la situazione è “ulteriormente peggiorata“. Ognuna con le sue criticità, a seconda che si guardi lo stato di salute dei sistemi giudiziari nazionali, dei quadri anticorruzione, del sistema dei media e di una serie di equilibri istituzionali.
Indipendenza della giustizia e lotta alla corruzione: bene Polonia e Spagna, preoccupano Slovacchia e Italia
Il primo parametro è quello relativo al potere giudiziario. In cui diversi Stati membri “hanno avviato o portato avanti importanti riforme per rafforzarne l’indipendenza”, tra cui la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourová, ha voluto menzionare “due esempi di successo”: Polonia e Spagna. A Varsavia, il Parlamento espressione del nuovo corso europeista di Tusk ha adottato una legge per affrontare le preoccupazioni relative all’indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura. A Madrid, a seguito di un dialogo strutturato mediato dalla Commissione europea, i principali partiti politici hanno raggiunto un accordo per rinnovare il Consiglio della magistratura e per avviare un processo per adattare la nomina dei suoi giudici, tenendo conto degli standard europei.
Tutt’altro che ottimista lo scenario che va disegnandosi nella Slovacchia di Robert Fico, dove “non è stato fatto alcun progresso per introdurre garanzie per la revoca dei membri del Consiglio giudiziario” e anzi tre nomine sono state revocate prima della fine del mandato. A Bratislava, così come a Roma e a Madrid, desta preoccupazione “il rischio che le dichiarazioni pubbliche di governi e politici possano incidere sulla fiducia del pubblico nell’indipendenza della magistratura”. Sempre in tema di giustizia, il governo di Giorgia Meloni è tra gli attenzionati per la nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico di influenza, che “potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’indagine di frodi e corruzione”.
E ancora: in Italia, le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari per reati penali, compresi i casi di corruzione. Il rapporto rileva che quasi tutti gli Stati membri dispongono attualmente di strategie nazionali anticorruzione, “anche se con una diversa completezza”. Se a Malta la Commissione sottolinea “alcuni ritardi”, la maglia nera è ancora per la Slovacchia e per la recente riforma del diritto penale approvata a Bratislava, che prevede l’abbassamento delle sanzioni per la corruzione e i reati correlati, l’abbreviazione dei termini di prescrizione per i reati di corruzione e l’abolizione della Procura speciale.
Libertà dei media, l’allarme in diversi Stati membri
La situazione è allarmante per quanto riguarda il terzo pilastro del rapporto: in diversi Stati membri i media non sembrano godere di buona salute. Persistono preoccupazioni per l’indipendenza e la stabilità finanziaria delle emittenti di servizio pubblico, la trasparenza della proprietà dei media, il diritto di accesso ai documenti pubblici e l’assegnazione trasparente ed equa della pubblicità statale. Anche qui, i risvolti più inquietanti in Slovacchia e in Italia: l’esecutivo nazionalsocialista guidato da Fico ha sciolto l’emittente pubblica per istituirne una nuova con un board di emanazione maggiormente governativa, mentre gli attacchi “l’efficacia del sistema di governance nel garantire la piena indipendenza della Rai rappresenta una fonte di preoccupazione di lunga data in Italia”.
Anche dal punto di vista della tutela della professione giornalistica nei confronti di minacce e querele temerarie, i più esposti sembrano essere i giornalisti slovacchi. Ma processi di riforma “si sono arenati” anche a Cipro e a Malta. Così come è in stallo la riforma del regime di diffamazione in Italia e in Slovacchia, dove anzi i professionisti dell’informazione sono spesso bersagli di attacchi diretti da parte della classe politica.
Non stupisce a questo punto che anche guardando la qualità del processo legislativo, la Commissione europea bacchetta Roma e Bratislava per l’utilizzo sempre più considerevole di decreti legge e procedure accelerate. Lo stesso accade in Francia e in Estonia. Per chiudere il quadretto, l’Italia è tra i quattro Paesi Ue – con Romania, Repubblica Ceca e Malta – che non ha ancora messo in piedi un Istituto Nazionale per i Diritti Umani.
L’Ungheria maglia nera, i fondi Ue restano sospesi. A rischio la Slovacchia
Discorso a parte, per tutti e quattro i pilastri del rapporto, lo merita l’Ungheria, definita dal commissario Ue alla Giustizia, Didier Reynders, “un vero e proprio problema sistemico sullo stato di diritto“. Cioè: mentre in Slovacchia e Italia l’allarme è per il peggioramento, l’Ungheria è un malato cronico. Rispetto al 2023, la Commissione europea non ha registrato alcun progresso fatto da Budapest sulle raccomandazioni espresse da Bruxelles. La lotta alla corruzione ad alto livello, la riforma sul lobbismo, l’indipendenza dei media del servizio pubblico, la promozione di uno spazio civico sicuro. Ecco perché, nonostante 10 miliardi di fondi Ue sbloccati a dicembre, persiste la sospensione dei pagamenti relativi al Piano di ripresa e resilienza ungherese.
A proposito di fondi europei a rischio congelamento, Jourová ha lasciato aperta la porta per quanto riguarda la situazione critica in Slovacchia. “Non siamo ancora a quel punto”, ma “la possibilità di congelare fondi è possibile per tutti gli Stati membri”, ha dichiarato. Le ha fatto eco Reynders: “Continueremo per quanto possibile con il dialogo, e alla fine vedremo se utilizzare altri strumenti” per imporre il rispetto dello stato di diritto a Bratislava. Uomo avvisato, mezzo salvato.