Le procedure di identificazione dei migranti non sono una schedatura e i rimpatri di chi non ha diritto alla protezione internazionale non sono una deportazione, ma a patto che queste misure siano equilibrate, umane, applicate in modo dignitoso e soprattutto siano inserite all’interno di una riposta complessiva e adeguata al fenomeno immigrazione. I leader europei che si riuniscono oggi a Bruxelles sono avvertiti: responsabilità e solidarietà devono andare di pari passo, una risposta soltanto “poliziesca” che trasformi l’Europa in una fortezza blindata non sarebbe accettata dal Parlamento europeo e sarebbe la negazione stessa dei valori su cui si fonda l’Ue.
Dopo le allarmanti rivelazioni del Guardian sulle ipotetiche proposte per rispondere al dramma dei rifugiati con la detenzione voglio ricordare che noi eurodeputati vigileremo affinché siano rispettati pienamente i diritti umani dei migranti, come abbiamo già fatto in passato visitando di persona i centri di permanenza temporanea e denunciando le condizioni di quelli inadatti.
Sulla proposta della ripartizione di quote di rifugiati tra i Paesi membri dell’Ue, inoltre, il Parlamento europeo si è già espresso a larga maggioranza e la Commissione europea ha deciso di non retrocedere di fronte alle resistenze di alcuni governi.
Tutti i leader dell’Ue devono essere consapevoli che rimandare le inevitabili decisioni sulla ripartizione delle quote di rifugiati e innalzare altri muri non servirà a risolvere fenomeni storici di grande portata come quello dell’immigrazione o a fermare il processo di integrazione europea. La miopia politica di chi insegue i sondaggi e gli istinti xenofobi di alcuni settori dell’elettorato, o di chi non sa dare efficaci risposte alle legittime paure dell’opinione pubblica, servirà solo a perdere altro tempo e altre vite umane, in attesa che l’Unione europea arrivi a mettere a punto una vera e indispensabile politica comune sull’immigrazione.
La risposta reazionaria dell’Ungheria, che pensa di risolvere con un muro, e le scene vergognose a cui abbiamo assistito a Ventimiglia, con la gendarmerie francese impegnata a respingere i migranti, sono solo un assaggio di quello che ci aspetta nei prossimi mesi se i governi europei insisteranno nel non voler ascoltare gli appelli dell’Italia e delle istituzioni comunitarie. Personalmente ho denunciato il comportamento delle autorità francesi a Ventimiglia, che hanno espulso in Italia minori e migranti mai transitati sul nostro territorio, in un’interrogazione alla Commissione in cui chiedo di verificare la compatibilità di questi atti con le normative comunitarie. Si tratta della dimostrazione plastica di quanto ha detto Renzi: “avere una risposta europea serve innanzitutto all’Europa, prima che all’Italia”. Serve soprattutto per il futuro dell’Europa, se non vogliamo che in assenza di risposte il nostro Continente diventi sempre più vulnerabile. In gioco non c’è solo la vita di persone che fuggono dalle guerre o la tenuta dell’organizzazione di accoglienza dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, in gioco ci sono le sudate conquiste dell’Ue sulla libera circolazione, su Schengen e sui valori stessi del progetto europeo.