Bruxelles – Squadra che vince non si cambia, a meno che non si tratti dei commissari europei. Dopo le elezioni europee e i nuovi equilibri tra i partiti che formeranno la nuova maggioranza al Parlamento Ue, è iniziata non solo la corsa di Ursula von der Leyen per la riconferma alla guida dell’esecutivo dell’Unione, ma anche quella dei 26 governi (la Germania avrebbe già fatto la sua scelta con la conferma della presidente uscente) per la scelta dei rispettivi candidati commissari europei da proporre alla futura presidenza della Commissione per la nomina definitiva e il passaggio dal voto all’Eurocamera. E se von der Leyen è in pole position per succedere a se stessa, lo stesso non si può dire della stragrande maggioranza degli attuali membri del Collegio dei commissari, suscettibili dei cambiamenti dei governi negli Stati membri dal 2019 a oggi e di equilibri politici ora tutti da costruire.
Ad aprire le danze con un annuncio tanto atteso quanto prevedibile – ma non in tempi così rapidi – è stato il governo della Lettonia guidato da Evika Siliņa, che ha deciso di riconfermare il proprio attuale membro del Collegio dei commissari nel gabinetto von der Leyen anche per il prossimo esecutivo a Bruxelles. “Il governo ha appena sostenuto la decisione di promuovere Valdis Dombrovskis alla posizione di commissario europeo, un candidato esperto con una vasta esperienza professionale e opportunità per ottenere quanta più influenza possibile nella Commissione Europea”, ha reso noto la prima ministra lettone a proposito della decisione arrivata dopo il “sostegno schiacciante da parte degli elettori” al vicepresidente della Commissione Ue per l’Economia, candidato del partito di centro-destra lettone Nuova Unità (Jv) alle elezioni europee. “Questo corrisponde agli interessi della Lettonia nel rafforzare la propria influenza nell’Unione Europea”, ha precisato la premier Siliņa, che nell’autunno 2023 ha sostituito alla guida del Paese baltico il compagno di partito Krišjānis Kariņš, responsabile della prima conferma di Dombrovskis nel 2019 dopo l’esperienza nella Commissione Juncker. “Continuerò il mio lavoro, rafforzando l’economia e la sicurezza europea, sostenendo l’Ucraina nel suo cammino verso l’Ue e mantenendo stretti legami con la Lettonia”, è il ringraziamento del candidato commissario europeo.
Secondo quanto previsto dai Trattati Ue, i commissari europei – uno per ciascun Paese membro – sono designati in accordo tra la presidenza della Commissione Ue e dagli Stati membri, che li suggeriscono sulla base di “competenza generale”, “impegno europeo” e “garanzie di indipendenza”. L’elenco viene adottato dal Consiglio dell’Unione Europea e ciascun candidato commissario deve superare anche il voto al Parlamento Europeo. È chiaro, dunque, che non va considerata solo la composizione politica del governo che nomina il suo candidato, ma anche quella della maggioranza che regge la Commissione al Parlamento Europeo. In altre parole, un governo sbilanciato a destra non potrà non tenere in considerazione il fatto che dovrà incassare l’approvazione anche del centrosinistra: è il caso, per esempio, del governo italiano di Giorgia Meloni, che dovrà cercare un nome digeribile anche per il Partito Democratico, che nella nuova legislatura costituisce la delegazione più numerosa all’interno del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D).
Nelle 26 capitali sono già iniziate le riflessioni sulle candidature per i futuri commissari europei, anche se i tempi dipenderanno dalla nomina della presidenza della Commissione Europea. Nel caso dovesse verificarsi un’accelerazione sul nome di von der Leyen già tra fine giugno (al Consiglio Europeo del 27-28) e metà luglio (con la conferma alla plenaria del Parlamento Ue tra il 16 e il 19), allora si potrà iniziare ad avere uno scambio con il Berlaymont a cavallo dell’estate e le audizioni di conferma in Parlamento tra settembre e ottobre (in anticipo di un paio di mesi sulla tabella di marcia). Ma in ogni caso non ci dovrebbero essere grosse sorprese nemmeno se sfumerà il von der Leyen-bis, considerato il fatto che la maggioranza popolari-socialdemocratici-liberali (con un possibile ingresso dei Verdi) è l’unica opzione percorribile al Parlamento Europeo.
Le prospettive degli attuali commissari europei
Dei 27 membri del Collegio dei commissari attualmente in carica, sono pochi con la prospettiva di rimanere al Berlaymont per altri cinque anni. Oltre a von der Leyen in corsa per la riconferma alla presidenza e il lettone Dombrovskis ricandidato da Riga, hanno ottime possibilità lo slovacco Maroš Šefčovič (vicepresidente per le Relazioni interistituzionali e il Green Deal) e l’ungherese Olivér Várhelyi (commissario per l’Allargamento e la politica di vicinato), mentre possono ancora giocarsi le proprie carte la ceca Věra Jourová (vicepresidente per i Valori e la trasparenza), la bulgara Iliana Ivanova (commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù) e la cipriota Stella Kyriakides (commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare). I rispettivi Paesi non hanno conosciuto stravolgimenti negli ultimi cinque anni – in Bulgaria la situazione politica è talmente incerta da anni che la presenza al governo del centro-destra di Gerb potrebbe essere sufficiente per confermare la nomina della commissaria arrivata solo un anno fa – e, in assenza di altri calcoli politici, non si può escludere una permanenza a Bruxelles.
Discorso diverso per chi ha visto un passaggio di testimone tra forze politiche nazionali alla guida del proprio Paese, che taglia alla radice la possibilità di una riconferma. È il caso della danese Margrethe Vestager (vicepresidente per il Digitale e commissaria per la Concorrenza), della finlandese Jutta Urpilainen (commissaria per i Partenariati internazionali), del lussemburghese Nicolas Schmit (commissario per il Lavoro e i diritti sociali, oltre che Spitzenkandidat dei socialisti europei alle europee), dell’olandese Wopke Hoekstra (commissario per l’Azione per il clima), del polacco Janusz Wojciechowski (commissario per l’Agricoltura), della portoghese Elisa Ferreira (commissaria per la Coesione e le riforme), della svedese Ylva Johansson (commissaria per gli Affari interni) e dell’italiano Paolo Gentiloni (commissario per l’Economia).
Ci sono poi i tre commissari che dovrebbero assumere la carica di eurodeputati dopo l’esito positivo delle elezioni europee, a meno di un’indicazione contraria da parte dei rispettivi governi prima della seduta inaugurale del Parlamento Ue il 16 luglio: la croata Dubravka Šuica (vicepresidente per la Democrazia e la demografia), il lituano Virginijus Sinkevičius (commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca) e la romena Adina Vălean (commissaria per i Trasporti). Il belga Didier Reynders (commissario per la Giustizia) è invece in corsa per la carica di segretario generale del Consiglio d’Europa e imporrà al governo uscente dopo le elezioni federali del 9 giugno di trovare un nuovo candidato. Il nome francese rimane appeso all’esito delle elezioni anticipate del 30 giugno (Thierry Breton era in pole position, ma non se il governo passerà all’estrema destra di Rassemblement National), mentre in Italia il governo Meloni avrebbe sul tavolo diverse opzioni, tra cui la più credibile potrebbe essere quella dell’attuale ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto.