Bruxelles – Ora Giorgia Meloni e Marine Le Pen incassano anche la sponda politica di uno dei punti di riferimento incontrastati da oltre dieci anni nel campo sovranista europeo. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, si è schierato apertamente a favore di un’alleanza post-elezioni europee di giugno tra la prima ministra italiana e presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) e la figura più carismatica dell’estrema destra francese di Rassemblement National: “Se riusciranno a lavorare insieme, all’interno di un unico gruppo o di una coalizione, saranno una forza per l’Europa“.
L’endorsement di Orbán è arrivato nel corso di un’intervista rilasciata al settimanale francese Le Point, in cui ha parlato degli scenari post-voto e della presidenza semestrale del Consiglio dell’Ue di cui l’Ungheria prenderà le redini a partire dal primo luglio. Secondo il premier ungherese le elezioni europee del 2024 saranno “storiche”, in quanto “probabilmente saranno viste come quelle che hanno deciso la pace o la guerra in Europa”. Tuttavia, non è solo la questione di “quanti eurodeputati sono disposti ad andare avanti nella guerra in Ucraina e quanti sono favorevoli a porvi fine” al centro dell’interesse di Orbán (il leader più filo-russo al tavolo dei Ventisette), ma soprattutto che “ci siano più eurodeputati sovranisti a favore di un’Europa delle nazioni” nella prossima legislatura del Parlamento Ue.
È qui che si inserisce il tema del possibile campo unico tra tutti i partiti conservatori e di estrema destra a Bruxelles, così come proposto a distanza da Le Pen a Meloni domenica scorsa (26 maggio): “Adesso è il momento di unirsi, sarebbe davvero utile, se ci riusciamo possiamo diventare il secondo gruppo al Parlamento Europeo“, aveva prospettato l’ex-presidente di Rassemblement National. Lo scenario rimane difficilissimo, per tutta una serie di ragioni interne ed esterne ai gruppi di Ecr (a cui appartiene Fratelli d’Italia) e dell’estrema destra di Identità e Democrazia (a cui aderisce Rassemblement National e la Lega, e da cui sono stati da poco espulsi i tedeschi di Alternative für Deutschland). Eppure per Orbán è questa l’ora decisiva per le alleanze: “Il futuro del campo sovranista in Europa, e della destra in generale, è ora nelle mani di due donne“.
La posta in gioco è enorme, dal momento in cui “la forza attrattiva della loro cooperazione sarà molto forte”, sufficiente a “rimodellare la configurazione della destra europea, o addirittura a soppiantare il Partito Popolare Europeo”, quella famiglia politica europea abbandonata da Orbán nel 2021, appena prima di subire l’onta dell’oramai decisa espulsione da parte dei popolari. Il premier ungherese non nasconde certo l’interesse ad aderire a questo campo unico con il suo partito Fidesz – i cui membri da tre anni sono relegati nel gruppo dei non-iscritti al Parlamento Ue – con all’orizzonte l’ingresso nel partito europeo presieduto proprio da Meloni. “Siamo pronti ed entreremo, l’idea era di entrare già prima delle elezioni, ma a questo punto lo faremo dopo il voto”, aveva anticipato a margine del Consiglio Europeo straordinario di febbraio.
Il premier ungherese ha confermato di nutrire “grande rispetto” per l’omologa italiana, riconoscendole il compito “molto difficile” da quando è stata nominata capa del governo nell’autunno 2022: “È stata accusata di essere un’estremista, di non rispettare i valori dell’Unione Europea”, ma “oggi tutti rispettano il suo governo di destra”. Lo dimostra anche l’aperturismo dell’attuale presidente della Commissione Europea e Spitzenkandidatin (candidata comune) del Partito Popolare Europeo (Ppe), Ursula von der Leyen, per una possibile cooperazione nella prossima legislatura con Meloni e i suoi eurodeputati, ma non con l’intero gruppo di Ecr né tantomeno con un campo unico di estrema destra che includa anche Fidesz, Rassemblement National, Vox, Lega e i polacchi di Diritto e Giustizia.