Bruxelles – L’accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea (Ttip) va oltre le semplici logiche commerciali, perchè la portata di un’eventuale firma sarà mondiale e, a quanto pare, irreversibile. E perchè lo stesso accordo va oltre il circuito dell’Organizzazione mondiale del commercio, che – se l’accordo dovesse essere sottoscritto – il resto del mondo sarà costretto ad adeguarsi. In prospettiva il Ttip è una garanzia per rimanere protagonisti a livello mondiale. Un modo, in sostanza, per rispondere all’avanzata dei nuovi attori che stanno riscrivendo le regole del gioco, Paesi “Brics” su tutti. Di tutto questo sono consapevoli a Washington come a Bruxelles. “La geopolitica è senza dubbio la parte più convincente di questo dibattito”, ammette Anthony L. Gardner, ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Ue, secondo cui – nonostante le resistenze e lo scetticismo a stelle e strisce – “alla fine il Congresso sosterrà il Ttip”.
L’occasione è di quelle irrepetibili: Ue e Stati Uniti possono essere i padroni dell’avvenire. “Il Ttip stabilirà gli standard e le regole degli accordi commerciali del futuro”, sottolinea Gardner in occasione della conferenza sul tema organizzata dal gruppo liberale Alde in Parlamento europeo. “La globalizzazione non può essere evitata, e gli accordi commerciali sono uno strumento per cavalcarla”. In tale ottica Unione europea e Stati Uniti “hanno l’occasione di modellare il sistema commerciale globale e rafforzare i rispettivi poteri economici”.
Ancor più chiara Cecilia Malmstrom. Per il commissario al Commercio Ue e Stati Uniti hanno l’occasione di sostituirsi all’Organizzazione mondiale del commercio, dato che “nel breve periodo il Wto non è in grado di far fronte a tutte le sfide” poste dal mondo contemporaneo in un momento in cui “ci sarà bisogno di stabilire nuove regole”. Se il Wto non potrà dettarle, a chi spetterà questo compito? Ma a Europa e Stati Uniti, naturalmente. “Il Ttip ci permetterà di definire nuovi standard globali”. Sia chiaro: il Ttip “non è un insieme di regole contro qualcuno, ma saprà comunque influenzare l’arena internazionale”. Una necessità, come suggeriscono i numeri. “La quota di Pil mondiale dei Paesi emergenti era il 20% nel 2000, mentre lo scorso anno era poco sotto il 40%”. Per Malmstrom “una buona notizia, perchè vuol dire che ci sono persone che stanno uscendo dalla povertà”, ma… C’è un ma. Se alcuni escono dalla povertà, “vuol dire che i nostri sistemi si stanno contraendo”.
Si perde terreno, insomma. Si perde peso, si perde potere, si perde influenza. A Bruxelles lo sanno bene. “Cosa rischiamo se falliamo in questi negoziati?”, domanda Malmstrom, non a caso. E’ a rischio l’ordine fin qui costruito, il benessere occidentale e, di conseguenza, è a rischio anche l’American way of life. Una cosa che a Washington sanno bene. Ecco perchè Anthony L. Gardner invoca “un dibatto razionale” sul Ttip. Un invito agli stakeholders europei, certo. Ma anche un richiamo ai connazionali oltre oceano che rappresenta in Europa.