Bruxelles – Tolleranza zero verso le forme gravi di sfruttamento dei lavoratori. A chiederlo è l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), che nella sua nuova relazione mostra come, nonostante le normative Ue in materia, in Europa lo sfruttamento sul luogo di lavoro sia ancora una triste realtà. A esserne vittime sono in particolare i lavoratori che si spostano da un Paese all’altro dell’Unione, oppure gli immigrati extra-Ue. I settori più a rischio sono quelli dell’agricoltura, dell’edilizia, alberghiero e della ristorazione, del lavoro domestico e del manifatturiero, ma la cosa ancor più grave è che i responsabili spesso corrono un rischio minimo di essere perseguiti per legge e quindi di dover risarcire le vittime. Il reato di sfruttamento di un lavoratore migrante, infatti, è punibile solo in alcuni Stati membri e prevede pene massime inferiori ai due anni.
“Stiamo parlando di un problema endemico che richiede un intervento urgente per poter essere risolto – ha dichiarato il direttore della Fra, Constantinos Manolopoulos -. Gli Stati membri devono fare uno sforzo maggiore per promuovere un clima di tolleranza zero per forme gravi di sfruttamento dell’attività lavorativa e adottare misure per monitorare la situazione più efficacemente e sanzionare i responsabili”. “Sono abbastanza scioccata dal risultato del rapporto della Fra – ha commentato l’europarlamentare Jutta Steinruck, portavoce del gruppo S&D sul Lavoro e gli Affari sociali -. Abbiamo bisogno di controlli obbligatori europei in modo da mettere fine allo sfruttamento. La piattaforma contro il lavoro nero che stiamo negoziando in questo momento sarà un buono strumento in questo senso”.
LE PROPOSTE Fra le situazioni più comuni in cui la Fra si è imbattuta durante la sua ricerca ci sono salari bassissimi, a volte inferiori a un euro l’ora, e giornate lavorative superiori alle dodici ore per sei o sette giorni alla settimana. Per cercare di combattere tale fenomeno, l’agenzia europea ha stilato quindi una lista di priorità che vanno dal miglioramento dell’efficienza delle indagini da parte delle forze di polizia alla necessità di stabilire un clima di maggior fiducia fra i lavoratori e le autorità così da incoraggiare le vittime a denunciare. Ma non solo. Secondo la Fra è fondamentale che gli Stati membri garantiscano un “sistema d’ispezioni sul posto di lavoro che sia globale, efficace e sostenuto da risorse adeguate”; che si facciano maggiori sforzi per informare le vittime sui loro diritti; e che le imprese private e pubbliche non stipulino contratti con ditte coinvolte in episodi di sfruttamento dei lavoratori. Una volta garantiti maggiori diritti alle vittime, il passo successivo è quello di dare in mano ai consumatori tutti gli strumenti necessari per distinguere chi porta avanti pratiche scorrette da chi invece non lo fa. Per questo, Fra propone che venga creato un sistema di certificazione delle imprese che rispettano i diritti dei lavoratori.
IN ITALIA La situazione italiana all’interno del panorama europeo è fra le più complesse. A casi di eccellenza, infatti, si contrappongono grandi contraddizioni soprattutto dal punto di vista delle indagini sul fenomeno del caporalato. Come in Polonia, nel nostro Paese è l’agricoltura a essere il settore più a rischio sfruttamento, ma nonostante l’argomento sia adeguatamente coperto dai media nazionali, la polizia e le istituzioni non sembrano considerarlo una priorità. Il budget dedicato a progetti di tutela dei diritti dei lavoratori è stato tagliato, denuncia il report della Fra, costringendo le ong e i sindacati a riempire il vuoto lasciato dalle autorità statali fornendo consulenza e supporto legale alle vittime di abusi. A fronte di tante criticità, però, l’Italia è citata nella ricerca come il Paese che di gran lunga ha emesso il maggior numero di permessi di soggiorno come forma di “protezione sociale”. Nel 2013 ne sono stati dati 147 e, oltre a questi, altri 1.277 sono stati rilasciati per “ragioni umanitarie”, espressione che al suo interno comprende anche le vittime di sfruttamento sul luogo di lavoro. Inoltre, l’Italia fa parte del ristretto gruppo di nove Stati membri che hanno trasposto nella propria legislazione nazionale l’Articolo 13 della direttiva sulle sanzioni ai datori di lavoro del 2009. Ciò ha permesso, nel 2013, di rilasciare 28 permessi di soggiorno ad altrettante vittime dello sfruttamento in cambio di una loro collaborazione con le autorità. In tutta Europa si sono registrati solo altri quattro casi in Germania e uno in Slovacchia.