Bruxelles – Un anno di investigazioni in tutto il Nord Africa per raccogliere prove di pushback, arresti di massa e sfollamenti di persone in base al colore della pelle. Ma soprattutto di come i fondi dell’Unione Europea – quelli pagati da tutti i contribuenti dei 27 Paesi membri – destinati a Paesi come Tunisia, Marocco e Mauritania per la “gestione della migrazione” vadano a finanziare proprio queste violazioni dei diritti umani, nonostante a Bruxelles si sia sempre negato e si continui tutt’ora a negare di essere a conoscenza di queste operazioni da parte dei partner nordafricani.
A portare a galla uno dei maggiori scandali in ambito di migrazione e asilo degli ultimi anni per l’Unione Europea è l’inchiesta internazionale Desert Dumps (‘Discariche nel deserto’), coordinata dalla piattaforma di giornalismo investigativo Lighthouse Report e co-realizzata da otto testate (Washington Post, Enass, Der Spiegel, El Pais, ARD, Inkyfada, Le Monde e l’italiana IrpiMedia). “L’Europa sostiene, finanzia ed è direttamente coinvolta in operazioni clandestine nei Paesi del Nord Africa per scaricare ogni anno decine di migliaia di persone nere nel deserto o in aree remote per impedire loro di arrivare nell’Ue”, è la denuncia riguardo le “ingenti somme di denaro” elargite a Marocco, Mauritania e Tunisia per la gestione della migrazione, che in realtà non hanno rivelato altro che “l’obiettivo di ridurre il numero di persone che cercano di raggiungere l’Europa”. Il riferimento è ad accordi come quello siglato nel luglio 2023 con la Tunisia, o nel marzo di quest’anno con la Mauritania, o ancora il pacchetto di sostegno del 2022 al Marocco (con un nuovo accordo che potrebbe essere siglato alla fine di quest’anno).
Come rende noto l’inchiesta giornalistica, il sistema di pushback (respingimenti illegali secondo il diritto internazionale) funziona allo stesso modo in tutti e tre i Paesi del Nord Africa: “Le persone vengono radunate per strada, prelevate dalle loro case o intercettate in mare”, dopodiché “vengono detenute, caricate su autobus e lasciate nel deserto senza cibo né acqua, a rischio di rapimento, estorsione e talvolta di morte“. Altri ancora “vengono portati in zone di confine dove, secondo quanto riferito, vengono venduti dalle autorità a trafficanti di esseri umani e bande che li torturano per ottenere un riscatto”. Il tutto sulla base alla discriminazione del colore della pelle, incluse le persone “che avevano uno status legale e mezzi di sostentamento consolidati in questi Paesi”. A dimostrazione dell’escalation della violenza verbale (e non solo) in Tunisia, per esempio, solo lo scorso anno il presidente Kaïs Saïed iniziava a evocare la teoria complottista della ‘sostituzione etnica’, secondo cui le persone migranti in arrivo dall’Africa sub-sahariana stanno “cambiando la composizione demografica” del Paese.
Ma non è solo questo il punto più delicato, almeno non per quanto riguarda l’Unione Europea. “L’Ue sostiene pubblicamente di controllare come viene speso questo denaro e di non contribuire alle violazioni dei diritti umani” contro le persone a cui si sta impendendo di migrare, “ma la realtà è diversa”. Perché da tempo le istituzioni Ue finanziano “consapevolmente” e talvolta sono “direttamente” coinvolte in questi pushback operati nei Paesi partner del Nord Africa, per diminuire indirettamente il numero di arrivi lungo le rotte che portano alle frontiere dell’Unione. È stato il vicepresidente della Commissione Ue per lo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas – lo stesso che ha bollato i critici del nuovo Patto migrazione e asilo come “amici di Putin” – a dichiarare recentemente che “nessun denaro europeo finanzia questo tipo di incidenti”. L’indagine coordinata da Lighthouse Report “dimostra che non è vero”, dal momento in cui il sistema di operazioni segrete messo in atto nel Nord Africa “viene gestito grazie a denaro, veicoli, attrezzature, intelligence e forze di sicurezza fornite dall’Ue e dai Paesi membri”.
Si tratta, in altre parole, del “tentativo più completo di documentare la conoscenza e il coinvolgimento dell’Europa nelle operazioni anti-migranti e a sfondo razziale in Nord Africa“, grazie a video, immagini satellitari, documenti, fonti confidenziali e le testimonianze di oltre 50 sopravvissuti alle “discariche nel deserto”. Tra le numerose prove riportate dalla cordata di testate internazionali c’è un documento della Commissione Ue risalente al 2019 che evidenzia come già allora fosse noto che il Marocco “abbandonava mille rifugiati e richiedenti asilo subsahariani, compresi bambini e donne incinte, in aree remote”. Nonostante ciò sono stati inviati furgoni Fiat e auto Toyota, “identici a quelli visti nei filmati degli arresti” delle persone migranti. In Mauritania “la Spagna lavora fianco a fianco con la polizia locale per arrestare e radunare le persone nere, prima di trasportarle in centri di detenzione” e di scaricarle nel deserto del Mali, “una zona di guerra attiva in cui combattono gruppi legati ad Al-Qaeda”. Inoltre, proprio Madrid “attraverso la sua agenzia di sviluppo Fiiapp sta finanziando con i fondi dell’Ue due nuovi centri di detenzione che avranno lo stesso scopo”. Nelle “discariche nel deserto” in Tunisia sono stati rilevati “veicoli finanziati dall’Europa” e “le forze di sicurezza responsabili hanno ricevuto una formazione finanziata dall’Ue”, per un totale di almeno 14 episodi verificati “in cui le autorità tunisine hanno espulso gruppi di africani subsahariani, di solito vicino al confine libico o algerino”.
Di fronte a questo lavoro durato un anno e alla solidità delle testimonianze e della documentazione riportata da Lighthouse Reports e dalle otto testate internazionali, la Commissione Europea si è ritrovata interdetta e incapace di rispondere nel merito della questione. “Sappiamo che la situazione migratoria pone grosse sfide in alcuni Paesi partner e restiamo impegnati nella collaborazione”, ha risposto oggi (21 maggio) alle pressanti domande della stampa di Bruxelles la portavoce responsabile per la politica di Vicinato, Ana Pisonero. Senza mai entrare nel cuore dell’inchieste – ovvero che l’esecutivo dell’Unione sembra essere a conoscenza da molto tempo degli abusi dei Paesi del Nord Africa e del modo in cui vengono spesi i fondi dei contribuenti dei Ventisette – la portavoce si è limitata a ripetere che “l’Ue si aspetta che i partner rispettino i diritti fondamentali delle persone migranti, compreso il principio di non respingimento”.