Bruxelles – “Bentornata Polonia”, esulta la ministra degli Esteri belga, Hadja Lahbib, a nome della presidenza del Consiglio dell’Ue e di 26 Paesi membri. Tutti tranne uno, perché a quanto si apprende l’Ungheria di Viktor Orbán si è opposta alla chiusura della procedura prevista dall’articolo 7 dei Trattati sulla violazione dello Stato di diritto a Varsavia, in solidarietà con l’ex premier sovranista polacco Mateusz Morawiecki. Ma il nuovo governo nazionale guidato da Donald Tusk ha convinto l’Ue non esiste più un rischio evidente di grave violazione dello Stato di diritto in Polonia.
Dopo l’analisi condotta dalla Commissione europea, che ha certificato le buone intenzioni di Tusk, la vicepresidente responsabile per coordinare le politiche sui valori e la trasparenza, Věra Jourová, ha sottoposto l’intenzione di chiudere il contenzioso con Varsavia ai ministri dei 27 riuniti per il Consiglio Ue Affari Generali. Trovando un “ampio sostegno” da parte degli Stati membri al piano d’azione annunciato lo scorso febbraio dal ministro per gli Affari europei polacco, Adam Bodnar, per dare risposta alle preoccupazioni di Bruxelles.
Lo stesso Bodnar, a margine della riunione, ha dato l’annuncio in un post su X: “Oggi è un giorno importante per la Polonia e per i cittadini polacchi! 26 Stati membri dell’Unione Europea hanno votato a favore dell’abolizione della procedura dell’articolo 7 imposta alla Polonia nel dicembre 2017, che gettava un’ombra sulla reputazione del nostro Paese”, ha scritto. La vicepresidente Jourová ha confermato che “nei prossimi giorni” proporrà di ritirare la procedura d’infrazione, fissando la data di ritiro al massimo “entro la fine di maggio“.
Le riforme lanciate dal governo europeista di Tusk sull’indipendenza giudiziaria, le decisioni di aderire alla Procura Europea (Eppo), di rispettare le sentenze della Corte di Giustizia Ue e della Corte Europea dei Diritti Umani e di separare la carica di procuratore generale da quella di ministro della Giustizia hanno convinto l’Unione europea.
Nei mesi scorsi – a testimonianza del rilassamento dei rapporti tra Bruxelles e Varsavia dopo l’insediamento di Tusk-, la Commissione europea aveva già comunque sbloccato 76,5 miliardi di euro dai Fondi di coesione e 6,3 miliardi dal Next Generation Eu per la Polonia, parte dei 137 miliardi complessivi congelati dall’Ue con l’attivazione dell’articolo 7. “Vorrei sottolineare che la conclusione della procedura di cui all’articolo 7 per la Polonia non significa che non sarà sottoposta a nessun tipo di monitoraggio”, ha voluto sottolineare Jourová, ricordando che “continueremo il monitoraggio nell’ambito del rapporto sullo Stato di diritto, che è un esercizio annuale, e pubblicheremo il prossimo dopo le elezioni”.