Bruxelles – Maggiore immigrazione per garantire un futuro prospero all’Ue. Il Centre for european reform (Cer), un think tank specializzato sull’integrazione europea, ha pubblicato uno studio secondo cui l’immigrazione dai Paesi extra-Ue sarà necessaria per garantire il livello dei servizi e il funzionamento del sistema previdenziale europeo. Attraverso la teoria complottista della sostituzione etnica, i partiti della destra radicale stanno cercando di frenare l’ingresso di persone migranti nell’Unione. Questa credenza, sostiene la ricerca, oltre a non essere supportata da alcuna evidenza scientifica spinge per l’applicazione di politiche a migrazione Zero, che secondo il Cer, risulteranno nocive.
La mobilità interna all’Ue ha permesso lo sviluppo dell’Unione stessa. I Paesi del nord-ovest hanno attirato le persone che migravano all’interno dell’Europa: così chi andava in Germania o in Belgio aiutava lo Stato in cui arrivava sostenendone sia la fiscalità che la crescita economica. Allo stesso tempo, attraverso le rimesse, le persone migranti mandavano a casa del denaro che aiutava il Paese di provenienza a crescere e svilupparsi. Inizialmente gli Stati di emigrazione erano quelli del sud come Italia, Spagna e Grecia ma poi, soprattutto dopo l’allargamento del 2004, sono diventati quelli ex-sovietici dell’Est.
La mobilità interna è però crollata con il passare del tempo. Le rimesse e il processo d’integrazione economica hanno portato un aumento dei salari nei vari Paesi d’emigrazione europei, finendo così per disincentivare la mobilità dei lavoratori. L’invecchiamento della popolazione europea con il conseguente aumento di pressione sul sistema previdenziale impone agli Stati delle scelte difficili: aumentare l’età per la pensione o ridurre le cifre degli assegni. Una possibile via d’uscita, secondo il Cer, sarebbe offerta dall’emigrazione extra-Ue. L’accesso nell’Unione di giovani lavoratori, oltre a sostenere la crescita economica, offrirebbe un importante contributo al sistema previdenziale.
In quest’ottica l’immigrazione dovrebbe rappresentare una risorsa anche per l’Italia (lo Stato Ue con l’età media più elevata). A queste conclusioni è giunto anche il CeSpi, Centro studi di politica internazionale, con il report Mentor2. Un altro aspetto portato alla luce dal think tank italiano è l’importanza del contesto in cui la persona migrante inizia a lavorare. Più l’impresa è cosmopolita ed aperta agli scambi culturali più ci sono possibilità di un integrazione migliore.
L’attuale situazione economica, con la carenza di manodopera, sta già incidendo nella gestione del sistema migratorio. Nel report del Cer si evidenzia come “I datori di lavoro cercano sempre più lavoratori provenienti da paesi extraeuropei per coprire i posti vacanti”, ma non solo, secondo il think tank nel prossimo futuro “la scelta tra omogeneità etnica e prosperità è destinata a diventare ancor più complicata”.