Bruxelles – Buoni risultati finora, ma c’è ancora margine per migliorare. Si può riassumere così la valutazione del Consiglio dell’Unione Europea sulle ambizioni in materia di clima e biodiversità, secondo quanto emerge dalle conclusioni sulla relazione annuale 2023 sull’attuazione degli strumenti di azione esterna dell’Ue nel 2022. Uno stimolo per “sviluppare ulteriormente le azioni di risposta ai cambiamenti climatici e di protezione della biodiversità per raggiungere gli obiettivi concordati”, si legge nel testo pubblicato oggi (7 maggio).
I passi in avanti sono stati compiuti dall’Ue e dai suoi Stati membri nonostante “l’attuale difficile contesto geopolitico“, tra cui vengono ricordati la guerra russa in Ucraina e le sue conseguenze energetiche, la situazione di instabilità nel Medio Oriente e, ancora prima, gli effetti della pandemia Covid-19. Tuttavia il Consiglio dell’Ue mette nero su bianco alcune raccomandazioni per rendere l’impegno più efficace e tangibile, in particolare per quanto riguarda la necessità di “misurare costantemente l’impatto e i risultati delle azioni per il clima finanziate dall’Ue nei Paesi partner” attraverso un “solido sistema di monitoraggio e valutazione”. Il focus principale, al momento non completamente soddisfacente, deve essere su “famiglie più povere e donne“, mette in chiaro l’istituzione Ue.
In questo quadro la Commissione Ue è invitata a selezionare indicatori “appropriati” e definire obiettivi per misurare i risultati delle attività, “anche facendo pieno uso del sistema di monitoraggio globale delle prestazioni dell’Europa a tal fine”. Le raccomandazioni prevedono anche il “riesame regolare” degli stessi obiettivi sul clima “e rivederli qualora durante l’attuazione risulti evidente che non sono disponibili finanziamenti sufficienti”. Sempre sul piano dei finanziamenti il Consiglio dell’Ue chiede un’assegnazione “in modo strategico” e di applicare “criteri oggettivi che tengano conto anche del sostegno finanziario per lo stesso settore ricevuto dai Paesi partner da altre fonti”. Infine devono essere analizzati “sistematicamente” i costi preventivati delle azioni per il clima, “per garantirne la ragionevolezza e per evitare la duplicazione delle strutture di supporto e dei flussi di finanziamento”.
Rimane fuori discussione il fatto che la diplomazia del clima e dell’energia “è una componente fondamentale della politica estera dell’Unione Europea” e che i Ventisette sono sempre impegnati a collaborare con i partner in tutto il mondo “per sostenere le persone più vulnerabili, in particolare nei Paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo” nell’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici. Tutto questo non sarà possibile senza “ulteriori finanziamenti dagli Stati membri, dal settore privato e da altri donatori, anche attraverso fonti non tradizionali e meccanismi di finanziamento innovativi”, precisa il Consiglio dell’Ue. Da non dimenticare il fatto che l’Unione, i 27 Stati membri e la Banca europea per gli investimenti (Bei) “sono congiuntamente il maggior contributore di finanziamenti pubblici per il clima a livello mondiale, con 23,04 miliardi di euro nel 2021″, di cui “oltre il 50 per cento è stato destinato all’adattamento climatico o ad azioni trasversali”.