L’economista belga Paul De Grauwe, docente alla London School of Economics, è stato uno degli analisti che meglio di chiunque altro, nel 2009, ha anticipato la crisi che stava per abbattersi sull’eurozona quando la Grecia ha svelato la sua vera situazione finanziaria. Da allora è stato anche dei critici più implacabili della sua gestione.
L’Eurogruppo accusa la Grecia di essere irrazionale nel rifiutarsi di cedere alle sue richieste.
È pura propaganda. È evidente ormai da anni che l’austerità imposta alla Grecia ha devastato l’economia del paese e non ha fatto non nulla per ridurre il rapporto debito/PIL, ma nonostante questo i creditori insistono che la Grecia deve continuare sulla stessa strada. È questo ad essere irrazionale. E quando il governo si rifiuta di farlo, lo accusano di essere irrazionale. È il mondo alla rovescia. Alcune delle riforme che si chiedono alla Grecia, come la riforma del sistema fiscale, sono sensate. Ma altre, come insistere sulle privatizzazioni nel mezzo di una depressione economica, sono assurde.
I negoziatori europei si lamentano del fatto che quando il governo greco si dimostra disposto a negoziare su un punto poi non è in grado di presentare delle proposte alternative, in parte perché non hanno esperti propri e non si fidano della macchina amministrativa.
Può essere. È un governo nuovo e con poca esperienza alle spalle, inutile negarlo. Ma questo non è un buon motivo per asfissiarlo. Yanis Varoufakis non ha aiutato molto in questo senso, è vero. Ma se guardo al contenuto del programma di salvataggio, comprendo la resistenza del governo greco. In seguito alla ristrutturazione che è stata fatta, ritengo che oggi il debito greco sia sostenibile, ma solo a patto che si permetta al paese di tornare a crescere. Oggi la Grecia ha un problema di liquidità, ma le nazioni creditrici non hanno intenzione di dargliela. Vogliono imporre le loro condizioni, che sono molto ideologiche. Ho il sospetto che vogliano rovesciare il governo.
Si sta spingendo la Grecia verso il default?
Mi pare ovvio. Direi che c’è anche chi sta cercando di spingere il paese fuori dall’eurozona. Il ruolo della BCE sarà determinante. Alla fine sarà essa a decidere se un default della Grecia dentro l’euro porterà alla fuoriuscita del paese dalla moneta unica, che è un prospettiva terrificante. Resta da vedere se sarà disposta a garantire la liquidità necessaria affinché il sistema bancario greco non sia travolto dal default. Se lo fa, la Grecia può anche rifiutarsi di pagare, senza che questo si trasformi necessariamente in un dramma. Il nodo della questione è totalmente politico, l’economia non c’entra niente. È chiaro che si sarebbe dovuto fare una ristrutturazione del debito molto più ampia di quella che è stata fatta, perché quello che è avvenuto è anche responsabilità dei paesi creditori, delle banche europee che hanno inondato di liquidità la Grecia. Questa ristrutturazione non è avvenuta e adesso i creditori vogliono imporre alla Grecia delle condizioni politiche che non hanno alcun fondamento economico.
L’eurozona è più preparata oggi per un’eventualità di questo tipo di quanto non lo fosse qualche anno fa?
Nel breve, sì. Non c’è nessuna ragione per cui un default o anche un’uscita della Grecia dall’euro debba avere implicazioni rilevanti per paesi come il Portogallo, l’Irlanda o la Spagna, giacché oggi esistono garanzie finanziarie a sufficienza. Il problema è nel lungo termine. Arriveranno altre crisi… e se si afferma il principio che l’unione monetaria non è permanente, ripartiranno le speculazioni.
Se un default della Grecia non porta alla sua fuoriuscita dall’eurozona, come avviene nelle altre unioni monetarie, non sarà un segno della maturità e della resistenza del progetto?
Tutto dipende dalla capacità dell’eurozona di circoscrivere quello che avviene in Grecia. Se lo Stato della California dichiara la bancarotta, la cosa è gestibile perché non va ad influire sul sistema bancario della California, che gode delle garanzie del sistema federale. Per questo negli Stati Uniti non c’è alcun rischio di effetto domino, ossia che una crisi sovrana si trasformi in una crisi bancaria. La questione è se questo si possa evitare in Grecia o meno. Se non sarà possibile, la Grecia non avrà altra scelta che uscire dall’eurozona. Il paese non può permettersi di lasciare che le sue banche falliscano, poiché questo trascinerebbe giù tutto il resto dell’economia, producendo maggiore disoccupazione ed instabilità politica. Il nodo della questione, dunque, è se la BCE sarà disposta a sostenere il sistema bancario greco in caso di default dello Stato sul debito pubblico.
Pubblicato sulla Vanguardia il 17 maggio 2015.