Bruxelles – L’abitudine è tutta italiana, ma per la leader di Fratelli d’Italia ormai è una strategia consolidata. Giorgia Meloni ha annunciato ieri (28 aprile) alla conferenza del partito a Pescara che sarà la candidata capolista in tutte le cinque circoscrizioni italiane alle elezioni europee di giugno ma, come sempre dal 2014, non è atteso un suo arrivo a Bruxelles dopo il voto. Meloni – così come altri leader – si candida esclusivamente per attrarre preferenze verso il proprio partito, ma non appena eletta rinuncerà al ruolo di eurodeputata e lascerà il posto al primo candidato di Fratelli d’Italia non eletto.
Non è la prima volta che la leader di Fratelli d’Italia ricorre alla strategia di porsi alla testa del partito alle elezioni europee nonostante la mancanza di volontà di accettare l’incarico dopo il risultato delle urne. Lo stesso è accaduto in tutte le tornate per il rinnovo del Parlamento Europeo a cui ha participato Fratelli d’Italia dal momento della sua fondazione (nel 2012). Nel 2014 il partito di estrema destra non aveva superato la soglia di sbarramento, rendendo inutile la candidatura di Meloni, mentre nel 2019 era risultata eletta in tutte le circoscrizioni e aveva lasciato il posto a Pietro Fiocchi (Nord-ovest), Sergio Berlato (Nord-est), Nicola Procaccini (Centro), Raffaele Fitto (Sud) e Raffaele Stancanelli (Isole). La vera differenza rispetto agli altri due appuntamenti al voto europeo è rappresentata dal fatto che Meloni oggi non è solo leader di Fratelli d’Italia ma anche presidente del Consiglio dei ministri e in questo mese di campagna elettorale potrà sfruttare questo peso istituzionale per spingere alle urne il proprio partito, con l’obiettivo di eleggere più membri possibile della delegazione di 76 eurodeputati italiani.
Già nel corso della conferenza stampa di inizio anno la leader di FdI e presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (Ecr) aveva anticipato l’interesse verso quello che ha definito un “test democratico di alto livello”, ovvero confrontasi con gli altri leader dei partiti italiani alle urne: “Penso che misurarsi con il consenso dei cittadini sarebbe utile e interessante“, erano state le parole scelte da Meloni per lanciare ufficiosamente la propria corsa al nuovo appuntamento elettorale. Con l’ufficialità arrivata ieri, si ripropone una vecchia abitudine italiana di considerare l’Unione Europea come un terreno di scontro e confronto politico di natura quasi esclusivamente nazionale e più specificamente il Parlamento Europeo come “una palestra o una casa di riposo”, come Eunews scriveva già in occasione dell’esodo di eurodeputati da Bruxelles verso Roma dopo le elezioni legislative del settembre 2022.
In attesa della pubblicazione di candidati per tutti i partiti nelle cinque circoscrizioni attesa per mercoledì (primo maggio), quando scadranno i tempi per la presentazione delle liste elettorali, è già stata resa nota la candidatura della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, come capolista nella circoscrizione Centro e in quella Isole, del vicepremier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, in tutte le circoscrizioni tranne quella Isole, della leader di +Europa, Emma Bonino, nella circoscrizione Nord-ovest per la coalizione Stati Uniti d’Europa (che riunisce +Europa e Italia Viva e confluirà nel gruppo liberale di Renew Europe) e del segretario di Azione, Carlo Calenda, in tutte le circoscrizioni come annunciato a sorpresa ieri. In caso di elezione, nessuno di questi politici italiani potrà entrare in carica come eurodeputato se non rinuncerà prima alla carica istituzionale attualmente ricoperta. Secondo quanto stabilito dal Regolamento dell’Eurocamera, il mandato nazionale è incompatibile con quello europeo, in particolare per quanto riguarda i membri dei governi e dei Parlamenti nazionali.