Bruxelles – Le regole tedesche sul salario minimo degli autotrasportatori possono limitare la libera circolazione delle merci e dei servizi nell’Ue. A stabilirlo è la Commissione europea, che ha deciso di aprire una procedura d’infrazione contro la Germania accogliendo le proteste di quei Paesi, fra cui Polonia e Ungheria, che giudicavano inaccettabili le conseguenze di tale legge per le aziende di trasporti internazionali che si trovano anche solo a transitare per il territorio tedesco.
Il primo gennaio 2015, la Germania è stata il 22esimo Stato membro a introdurre il salario minimo, fissato a 8,50 euro l’ora. Una decisione che è stata ben accolta dall’esecutivo comunitario, se non fosse per le sue conseguenze sugli autotrasportatori. Secondo la legge tedesca, infatti, tale regola vale anche per le imprese straniere che forniscono dei servizi sul territorio tedesco. Le più interessate da questa norma sono ovviamente le ditte di autotrasporti dei Paesi vicini alla Germania, come la Polonia e l’Ungheria, che sono costrette ad attraversare la terra di Angela Merkel senza però avere i mezzi economici per garantire ai propri lavoratori lo stesso salario minimo dei loro colleghi tedeschi. Basti pensare che lo stipendio medio di un camionista polacco è di circa 400 euro al mese, ben al di sotto di quello di un collega tedesco. Se questo camionista, però, dovesse transitare per la Germania, allora la sua ditta sarebbe tenuta a pagarlo almeno 8,50 euro per le ore di lavoro nello Stato vicino. In caso contrario, le autorità di Berlino potrebbero multare l’impresa con una sanzione che va da 30 mila (per mancata notifica alla dogana) a 500 mila euro.
A distanza di cinque mesi dall’entrata in vigore della nuova legge in Germania, e dopo uno scambio d’informazioni con le autorità tedesche e un analisi giuridica approfondita, ora la Commissione ha deciso che tale pratica lede gli interessi dell’Unione e viola i trattati. Bruxelles ha quindi inviato una lettera a Berlino annunciando l’apertura di una procedura d’infrazione perché “l’applicazione di questa legge al transito e a certe operazioni di trasporto internazionale non è giustificata e crea degli ostacoli amministrativi sproporzionati rispetto al buon funzionamento del mercato interno”. La Germania ha ora due mesi di tempo per rispondere alla Commissione e rimettersi in regola.